Sport

Wembley 20 anni dopo: le vostre foto, i vostri messaggi

Tantissimi tifosi hanno voluto ricordare la vittoria dell'Anglo Italiano di 20 anni fa. Entra e scopri come.
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Sciarpe, riviste, magliette, gagliardetti, ma soprattutto tante, tantissime fotografie. Sono state decine le persone che ci hanno contattato via mail, o che sono venute direttamente al Giornale di Brescia, per dire "io il 20 marzo 1994 ero a Wembley, io ho vissuto la vittoria dell'Anglo Italiano".

Molte cose sono state mostrate negli speciali di Teletutto, noi qui vogliamo ringraziare di cuore tutti i tifosi del Brescia, che ancora una volta hanno dimostrato di essere speciali, di rappresentare il vero patrimonio di questi colori. Ecco allora la "vostra" fotogallery, ma anche i pensieri che ci avete lasciato in questi giorni.

SERGIO MARMAGLIO
ero presente quel giorno, partito con il volo della domenica mattina da Malpensa verso Gatwich,conservo ancora tutto, peccato che la sciarpa mi è stata confiscata allo stadio... Sempre forza BRESCIA!

RAFFAELLA MORA
I Take That non li sopportavo. Preferivo, al grido “Nella terra dei ciechi ogni orbo è re”, gli East 17, ma i poster allegati ai magazine portavano con sé un’allure di sfiga che nessun amuleto avrebbe saputo fugare.

La sciarpa biancoblù – la più economica, di un tessutaccio grezzo e con le frange sbrindellate – troneggiava sopra la testiera del letto. A vegliarla, articoli ritagliati dai giornali ingialliti nell’arco di mezzo campionato e incollati alla parete, oltre che con somma gioia di mia madre, con uno scotch ancor più giallo. La mia stanza non era circondata da pareti, ma da una rassegna stampa rigorosamente selezionata sulla scorta, attualizzando, di una sola parola chiave: “Marco” and “Piovanelli”. Amore dodicenne, sogno di fughe con il pallone sottobraccio attraverso l’arco che sostiene la curva Nord. Sogno afferrabile, nella mente labile di una preadolescente votata al calcio per imitare il suo papà, per la scarsa differenza d’età, mi raccontavo, tra me e il malcapitato: sei o sette anni al massimo.

Ingenua: la storia tra una dodicenne e un diciannovenne non avrebbe certo suscitato plausi a scena aperta. Men che meno nell'animo di mio padre, ancorché appassionato tifoso.

Seguendo le gesta calcistiche del mio beniamino mi accorsi, quasi incidentalmente, dell’anglo-italiano, di Wembley, della vittoria. Grasso che colava quando tra i partecipanti bresciani alla trasferta, riportati uno per uno dal Giornale di Brescia e da me altrettanto pedissequamente consultati, scorsi il nominativo di una mia compagna di scuola. Inchiodata al muro nei corridoi di una pausa pranzo assolata. Sino ad allora ci si era scambiate sì e no un ciao, la richiesta dello stato di benessere reciproco era fin troppo intima per il nostro livello di conoscenza. Imbarazzata, smozzicava racconti della finale. Sì, naturalmente Marco c’era. Bravo, simpatico, ma che dire di più? Mica ha parlato tutto il tempo con me. Ah, e comunque – concludeva acida, e certamente invidiosa – c’era la fidanzata.
 
Rumore di cuore infranto, invettive assortite alla volta di Walter Elias Disney che da anni mi aveva convinta che “i sogni son desideri [...] ma credi fermamente e il sogno diverrà realtà”. A bocce ferme la delusione è rientrata. Credo di aver spostato l’attenzione su un compagno di squadra di Marco+Piovanelli o, in un eccesso di lucido realismo, su qualche mio coetaneo.
 
Ho continuato a frequentare lo stadio per qualche tempo, acclamando Marco con desìo dagli spalti della tribuna prima e dalla curva nord poi.
Sono anni, oggi, che non metto piede al Rigamonti. Sarebbe forse ora che la società, anziché arrovellarsi su quale fantasista o terzino farebbe meglio al tono della squadra, si accaparrasse un catalizzatore di cuori d’adolescenti. Del resto – il vivaio della Primavera insegna – i talenti vanno coltivati da piccoli.
 
ALESSANDRO GIUSTO VIANELLI
in quell'anno mi diplomavo e facemmo una colletta in classe per acquistare il biglietto per il nostro professore di matematica (che ci portava aglie esami), grande tifoso ed abbonato del Brescia. al ritorno ci disse oltre a tutti i racconti della trasferta una cosa molto semplice ma altrettanto vera: ragazzi non so se vi siete resi conto, ma mi avete regalato la possibilità di far parte di un importantissimo pezzo della storia sportiva.
 
ROBERTO ROMANO
io c'ero, una trasferta storica!! poco altro da aggiungere.
 
GIAMBATTISTA DA ROVATO
Purtroppo non ho fotografie, ma ho un esperienza favolosa vissuta sulla mia pelle. Ricordo l’arrivo allo stadio il vecchio Wembley, sentire parlare il dialetto bresciano. Sedersi su quei sgabellini tanto piccoli ed essere circondati da tanti bresciani.
 
Guardare il mio "bistecca" (Bonometti, ndr), le magie di Hagi e la cosa magica guardare quelle magliette azzurre con la v davanti: impagabile. Quando c'è stato il fischio finale vedere Bonometti con la coppa alzata mentre attraversava tutto lo stadio è stato emozionantissimo.
Ma ricordo anche altri aneddoti, tipo all’uscita dello stadio mentre gli ultras prendono per la coda i cavalli che circondano lo stadio. Altro ricordo: siamo sul pullman e stiamo attraversando Londra per andare all’aeroporto. Due ragazzi sono affaciati al finestrino e vedonotre ragazzi che indossano il kilt per strada. Uno dice all’altro "guarda che belle le tre ragazze" e l’altro risponde: "Ma non vedi che sono uomini??
 
Io ho 56 anni ed ho visto tantissime partite e moltissime esperienze, ma questa è la maggiore anche perchè è l’unico trofeo internazionale che le rondinelle hanno ottenuto.Un saluto da un fedelissimo sostenitore del mio Brescia".

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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