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Vent'anni senza «Sebino Express»: la sua eredità veleggia ancora

Il miglior velista bresciano ci lasciò a soli 43 anni, pochi mesi dopo aver vinto l’ultimo di molti titoli
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ZUCCOLI, 20 ANNI DOPO IL RICORDO
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Vent’anni sono passati. Giorgio Zuccoli è sempre lì, attento spettatore a tutte le regate veliche, da chissà quale tribuna. Guarda. Osserva, cosa si sta facendo della sua pesante eredità. La ritrovi in ogni angolo di lago, di mare, nei grandi e piccoli eventi. Ci sono quelle ali, che il suo prodiere Angelo Glisoni - con cui vinse un Mondiale e partecipò ad una Olimpiade - ha realizzato per Luna Rossa.

La Coppa America, è, forse, l’unico sogno che Zuccoli non è riuscito a realizzare prima di lasciarsi il 27 marzo del 2001, stroncato da una malattia che non gli aveva tolto la voglia di gareggiare negli ultimi mesi. Ci lasciò dopo un saluto, un ok, che gli mandò il leggendario Buddy Melges, appena dopo l’arrivo dell’ultima prova del Mondiale con il suo Melges 24, in gara sull’Atlantico francese a La Rochelle. Per l’iseano Zuccoli fu l’ultimo «urrà». Era la fine di agosto del 2000. Di lì a pochi mesi ci avrebbe lasciato.

Giorgio Zuccoli dopo il successo nel mondiale
Giorgio Zuccoli dopo il successo nel mondiale
Ma quell’«ok» di Melges è diventata storia. Storia di ieri e cronache di oggi: per Giorgio Zuccoli - il Giorgino per quelli di Iseo - è un continuo rincorrersi, tra leggende e racconti. E quasi una gara per ricordarlo. I primi bordeggi furono con l’Fd di papà Gianni al largo di Montisola, la sua casa all’Ans di Sulzano. Il primo maestro fu il piccolo ma grande Elio Sina. Come piccolo chiamavano il Sebino. Facendo arrabbiare, più di una volta, colui che fu il presidente e promotore di tanti eventi su quelle acque, Cesare Quaggiotti, primo fan di quel ragazzino che vedeva crescere.

Il campione iseano Giorgio Zuccoli
Il campione iseano Giorgio Zuccoli
Con Sina inizia le tanti stagioni sul 420, quindi il 470, il confronto ma anche collaborazione con i fratelli Cassinari, Giovanni e Daniele, il quale oggi è il responsabile della North Sails in Liguria, la veleria di Luna Rossa. L’attualità che torna ad uscire di quella grande cassa di ricordi che ci ha lasciato. Zuccoli fu anche un grande velaio, capace di far vincere l’oro di Barcellona ’92 al francese Yves Loday e quello di Atlanta ’96 a Fernando Leon, che solo per motivi di sicurezza non poteva avere a bordo, come prodiere Felipe di Borbone. La nobiltà vera che si mescola con quella dei grandi sportivi, di cui Zuccoli è stato uno dei maggiori interpreti. Il 21 settembre ’91 sul mare di Cagliari arrivò il capolavoro nel Mondiale Tornado.

Vinse con Glisoni davanti a 90 avversari di 40 nazioni. A terra la piccola rappresentanza bresciana capitanata da papà Gianni, il quale piangeva a dirotto. La cosa che più meravigliava erano i complimenti, infiniti, degli avversari. Gente che arrivava da Australia, Stati Uniti, Germania e Austria. Magari si allenavano con lui sul Sebino per poi attraversare, quella che qualcuno chiama la «Linea gotica», ed approdare sul Benàco. Qui, nel 1993, ci fu la partecipazione con il successo assoluto e il record alla Centomiglia, gara che aveva già vinto due volte con Avant Garde: 6 ore e 5 minuti per andare da Bogliaco a Bogliaco, toccando il nord e il sud del Garda, un primato spazzato via solo di recente dai catamarani volanti.

Su quella barca c’erano il fido Glisoni e Mitch Booth, un vero girovago, mezzo australiano e mezzo olandese, con due medaglie olimpiche (argento e bronzo) e tanti titoli internazionali con i catamarani. E del 2015 quando Mitch Boot e il figlio Ruben si impongono nel Mondiale Hobie Tiger al largo di Gargnano. Il nome della barca è: «Spirit of Giorgio». «Un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda» diceva un poeta.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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