Hyak è tornato a navigare sulle acque del Garda
L'avventura di Hyak riprende dopo lo stop forzato causato dalla Pandemia. La nuova avventura è iniziata nelle stesse giornate del Vela Day, l'iniziativa voluta da Federazione Italiana Vela per presentare i suoi Club sparsi in tutta la Penisola, ovviamente sui lagi della nostra provincia con Garda, Iseo e Idro. Il progetto vede coniugare lo sport e la vela terapia. Nei giorni scorsi è salpato nuovamente dalle rive del Garda, grazie alla collaborazione con la Polisportiva di Sanfelice del Benaco e il Vela Club di Manerba, presenti i pazienti dei Reparti di Psichiatria dell'Asst del Garda, sotto la direzione del capo Dipartimento dottor Gian Luigi Nobili.
Nel 1997 gli operatori del Centro Psico-Sociale Alto Garda dell’Azienda Ospedaliera di Desenzano , con la collaborazione prima del Circolo Vela Gargnano (durante il convegno Navigando nel Grande Mare della Solidarietà), la Canottieri Garda di Salò, il Circolo Vela Toscolano Maderno, il Circolo Nautico Portese, la Fraglia Desenzano, oggi con la Polisportiva San Felice grazie alla disponibiltà dell'Istruttore Giacomo Martinelli e del presidente del Sodalizio Sportivo Angelo Capello.
A sviluppare questa forma di riabilitazione sono stati nel tempo il dottor Gigi Nobili, responsabile dei reparti degli Ospedali di Gavardo e Salò, oggi capo dipartimento di Salute Mentale per la Asst di Desenzano del Garda. Le imbarcazioni del progetto sono un Carrera 38 (10 metri di lunghezza) avuto in dono da una famiglia del lago di Como e un Piviere, cabinato di 5 metri, che i pazienti del Cps di Salò hanno restaurato durante un corso dedicato alla manutenzione delle imbarcazioni.
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Il Piviere oggi ricoverato in un capannone dovrebbe tornare a nuova vita grazie ad un progetto che vedrà coinvolte varie realtà, come un' associazione di categoria (Artigiani del legno), la Zona Gardesana della Federazione Italiana Vela. Nel frattempo l'imbarcazione Carrera 38 Hyak ha partecipato al circuito delle veleggiate compresa la presenza a varie edizioni della Centomiglia, nella versione Cento People fino al Trofeo Veleggiata dell'Odio.
La convinzione è che la vela sia un mezzo di trasporto estremamente particolare e affascinante. Da qui l’idea di provare a valutare come pazienti psichiatrici gravi si adattassero ad una situazione che richiedeva la messa in atto di comportamenti antitetici alla loro patologia. Questo tipo di pazienti soffre di sintomi quali: impoverimento ideo-affettivo, autismo, deliri, allucinazioni uditive e visive, profonda diffidenza nei confronti del prossimo: tutte situazioni che portano, con l’andare del tempo, ad abbandonare qualsiasi progetto esistenziale.
L’isolamento sociale che ne deriva mina oltremodo la qualità della vita di chi già porta in sé una grande sofferenza. Sottolineando l’esigenza di stimolare l’adattamento sociale, si è pensato di proporre ad alcuni pazienti un’esperienza particolare, il navigare in barca a vela, in cui la collaborazione reciproca e la fiducia nell’altro rappresentano i presupposti per il raggiungimento di una relazione e di un obiettivo comune. La barca a vela è tutte queste cose (e molto di più), richiede collaborazione reciproca, fiducia, rispetto dei ruoli e dei tempi nel compiere le manovre; il tutto in una cornice naturale come il lago di Garda.
Perchè Hyak?
Diventa obbligatoria una piccola digressione sul nome, infatti viene naturale chiedersi cosa significhi. In realtà il nome ha un precedente illustre, cioè è il nome della barca con cui Jack Nicholson nel film «Qualcuno volò sul nido del cuculo» porta i pazienti di un reparto psichiatrico a fare una gita in mare. Un altro obiettivo è legato alla lotta allo stigma del malato psichiatrico: «La discriminazione complica il tentativo delle persone con schizofrenia di riguadagnarsi le abilità di funzionamento sociale» (Schizofrenia e cittadinanza, 2001, Il pensiero scientifico Editore). Lo stigma della malattia mentale non deve essere un ostacolo alla creatività e alla flessibilità nell’affrontare il disagio psichico in cui a volte il farmaco da solo non basta e assumono quindi sempre maggiore valenza terapeutico-riabilitativa le esperienze del mondo reale.
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