Rugby Brescia: «La storia siamo noi, ma guardiamo al futuro»
La storia siamo noi. L’occasione era il quarantanovesimo anniversario dello scudetto conquistato dal Rugby Brescia nel 1975, il primo in assoluto di una squadra bresciana nello sport. Ma l’obiettivo del raduno che sabato ha portato alla Wührer un centinaio di persone era assai più ambizioso della semplice celebrazione di una ricorrenza sportiva.
Obiettivo
Beppe Vigasio e Antonio Spagnoli, due che quello scudetto lo conquistarono sul campo, da tempo lavorano per «fare rete» come si dice adesso, per mettere in contatto generazioni di rugbisti e professionalità diverse, con lo scopo di tornare a porre il rugby al centro degli interessi della comunità cittadina.
Così nella antica birreria di Viale Bornata si sono visti vecchi campioni, alcuni dei quali come Loris Salsi e Adriano Fedrigo venuti addirittura da Genova e da San Donà, volti noti della vita pubblica, sportiva e non, di oggi e di ieri, come quelli dell’ex presidente del collegio costruttori Giuliano Campana, giocatore in gioventù, di Ettore Fermi che, tra le tante cariche pubbliche ebbe quella di assessore allo sport nell’anno dello scudetto, di Ugo Ranzetti, da sempre vicino al rugby, ma che ha raccolto le sue soddisfazioni maggiori come tecnico nell’atletica, prima di diventare presidente provinciale del Coni, un incarico durato una vita. E poi David Cornwall, Massimo Bonomi, Salvatore «Nembo» Bonetti, Cochi Modonesi, questi ultimi tutti «internazionali», ma anche dirigenti e sponsor come Lorenzo Bonomi, Roberto Bruni Zani e Angelo Valseriati, ex arbitri e giocatori di lungo e più recente corso: Franco Del Bono, Emanuele Moreschi, Gianluigi Antonelli, Alberto Scola, Apollonio Apollonio, Massimo Preseglio, Enrico Sina, Ulderico Biazzi per citare solo i protagonisti di quel titolo tricolore.
C’erano dirigenti dei club della provincia, Andrea Bulgari della franchigia Brixia, Luca Sainaghi del Brescia, Antonio Prati del Fiumicello-Borgo.
C’era chi dopo aver calcato i campi di rugby è diventato medico, veterinario, ingegnere, amministratore, artigiano, meccanico, dirigente di banca, d’azienda, videomaker, ristoratore e altro ancora. Donato Daldoss, dopo aver giocato nel Brescia e in Nazionale, ha visto passare generazioni di studenti e di rugbisti nelle sue classi, professore di educazione fisica all’Arnaldo. Elvio Simonato gettò i primi semi del rugby a Rovato. Oliviero Geroldi si è collegato in video con un toccante messaggio dalla distanza cui lo costringe la salute. C’era Fiorenza Invernici, figlia di Aldo uno dei padri nobili del rugby bresciano. C’erano Norberto e Horacio Mastrocola, argentini trapiantati in città.
Modello
«Sogniamo di offrire un punto di riferimento super partes a tutte le realtà ovali della provincia - dice Tonino Spagnoli -, per coagulare professionalità, competenze, capacità di relazione diverse. Un modello ideale che un giorno sarebbe bello poter esportare anche a livello nazionale». C’è stato anche il tempo per ricordare Antonio Gogna, scomparso a novantanove anni proprio nella mattinata di sabato: aveva giocato nel Brescia tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. Un filo biancazzurro lega tutte queste storie. Alla ricerca di un progetto, di un luogo, e - last but not least - dei fondi, per tenerle vive.
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