Rotta su Tokyo passando da Brescia: «Inseguo il sogno olimpico»
Dice che «l’età è solo un numero» ed è naturale crederle. Perché lo sport è zeppo di personaggi che vanno oltre i limiti della natura e perché è la sua stessa storia a insegnare che non ci sono passaggi obbligati dettati dall’età, nella vita di un’atleta. Del resto Marie-Josée Ta Lou, sprinter ivoriana due volte argento iridato (100 e 200 metri a Londra 2017) e una volta bronzo (100 metri a Doha 2019), all’atletica ci è arrivata a liceo quasi terminato perché vicino ad Abidjan preferiva tirare calci ad un pallone e prima di diventare tra le più forti velociste del mondo ha percorso anche la via dell’istruzione universitaria (prima Medicina, poi Economia e Finanza) andando anche in Cina con una borsa di studio.
Per questo viene da credere che realmente, nell’anno delle 33 primavere, alle Olimpiadi di Tokyo possa cogliere quella medaglia sfuggita (due volte) per un nulla a Rio 2016. La sua missione olimpica Ta Lou la sta preparando a Brescia, dove risiede il suo manager (Federico Rosa dal noto gruppo che ha vinto tutto ciò che c’era da vincere nella maratona e non solo) e dove da un paio di settimane si sta allenando. Nel nuovo stadio di atletica di Sanpolino, Ta Lou a volte sola e a volte tra giovani atleti effettua ripetute, allunghi e lavoro specifico per farsi trovare pronta all’appuntamento da circoletto rosso, dopo un anno difficile tra qualche acciacco e la pandemia che ha stravolto i piani di tutte le star della pista. Lei compresa.
Marie-Josée Ta Lou, ha scelto Brescia per preparare le Olimpiadi di Tokyo e non è la prima volta che viene qui. Le piace la nostra città? «Sì, è una città molto carina. La prima cosa che ho apprezzato è la vista: le fattorie sulle colline e le montagne alle spalle. Mi piacerebbe anche rimanere più a lungo, lo spero. È un bel posto, come tutta l’Italia: vedere Roma è stato bellissimo da cristiana e ovviamente amo la pasta».
Si allena in uno stadio d’atletica appena inaugurato. Come si trova? «È un impianto molto bello. La pista è ottima, veloce e morbida: il massimo».
Nessuno se lo sarebbe aspettato, ma il 2021 è anno olimpico: quali sono le sue sensazioni? «Adesso mi sento veramente bene, sto lavorando duramente. Nel recente passato non ero molto contenta della mia forma, ma questi giorni stanno andando davvero bene e sono concentrata su ciò che mi aspetta».
A novembre compirà 33 anni. Eppure è ancora la numero 3 del ranking mondiale dei 100 metri (di cui è stata anche al primo posto a lungo) e la 15 dei 200. Per questo dice che l’età è solo un numero, in fondo? «Lo penso perché la gente crede che quando invecchi non puoi più correre velocemente, ma mi sento ancora giovane. Non vedo differenze tra la mia condizione di qualche anno fa e quella attuale».
A Rio 2016 è stata quarta sia nei 100 che nei 200 metri, ora si aspetta una medaglia olimpica a Tokyo dopo che ne ha conquistate tre mondiali? «Non voglio mettermi alcun tipo di pressione nella mia mente, tutti gli atleti che si allenano puntano alla finale ed a vincere una medaglia. Sto facendo il massimo per meritarmi una medaglia e spero che Dio voglia concedermela perché nel 2016 per me fu duro arrivare quarta due volte alla mia prima Olimpiade. Sto facendo del mio meglio».
Questione tecnica: avrebbe vinto di più se fosse più brava nella volata al fotofinish? «Sicuramente sì. Non è facile lanciarmi per me all’arrivo, ho sempre corso così da quando sono giovane. Ma ci lavoro ogni giorno e sto cercando da imparare».
È uno stimolo per lei avere una connazionale-rivale come Murielle Ahouré? «Sì, perché è una delle migliori velociste e perché detiene il record africano dei 100 metri. Il mio obiettivo è fare il massimo per superarla e prendermi il record: è una motivazione in più, ma di solito le motivazioni le trovo dentro di me».
L’anno scorso disse che si sarebbe dovuto gareggiare solo quando la situazione sanitaria sarebbe stata sicura per tutti. Le incognite sono molte ancora: come pensa saranno i Giochi con o senza pubblico e con tamponi quotidiani? «La cosa più importante è salvare la competizione dopo il rinvio dell’anno scorso. Senza spettatori sarebbe difficile, perché il pubblico ti dà maggiori motivazioni. Ma alla fine, se servirà per non cancellare i Giochi nuovamente, lo accetteremo per la nostra sicurezza».
Crede di avere più chance sui 100 che sui 200 metri? «Cerco sempre di dare il meglio in entrambe le gare. Prima preferivo i 100 perché è solo un rettilineo, ma è una questione di equilibrio: a volte sono più veloce sui 200».
La campionessa in carica Thompson e le connazionali giamaicane Fraser-Pryce e Smith, l’inglese Asher-Smith: chi teme maggiormente? «Sono io l’unica rivale. Non guardo le altre, devo solo correre più veloce che posso».
Prima di diventare un’atleta di livello mondiale le piaceva giocare a calcio: è ancora così? «Assolutamente sì. Purtroppo non posso farlo perché rovinerei le mie gambe e rischierei di infortunarmi. Ma mi piacerebbe ancora molto giocarci».
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