Quando il Gallo si trasforma in un pollo
Fabio Gallo non perde il vizio di parlare male del Brescia: "Speravo che fallisse", ha detto alla festa dell'Atalanta.
Gallo ci ricasca: speravo che il Brescia fallisse
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Gallo di nome, pollo di fatto. Ci è ricascato Fabio Gallo che non ha perso il vizio di parlare male di Brescia quando si trova ad indossare i colori dell’Atalanta. E di tirarsi addosso montagne di critiche.
Lo ha fatto anche venerdì in occasione della festa della Dea a Bergamo. «Sì, speravo che il Brescia fallisse» ha gridato sul palco, microfono alla mano, l’ex centrocampista scatenando l’entusiasmo dei tifosi neroazzurri. Incalzato da Claudio Galimberti detto il Bocia, capo ultrà dell’Atalanta già daspato e condannato, Gallo si è tolto un macigno dalla scarpa ripensando a quanto accaduto un anno fa quando fu costretto a dire no all’incarico di vice Giampaolo per volere degli ultrà delle rondinelle che mai gli hanno perdonato dichiarazioni contro il Brescia quando da giocatore Gallo vestiva la maglia dell’Atalanta. «Sono bergamasco fino in fondo. Lo scorso anno stavo sbagliando, ma mi hanno corretto». E poi via con l’attacco più pesante: «Sì, sì, sì, speravo che fallisse».
Parole che incendiano il tifo nerazzurro. E quando la piazza si tranquillizza Gallo rincara la dose: «Sicuramente adesso non posso più andare ad allenare il Brescia. Se prima c’era qualche dubbio, quest’anno è sicuro». Poi l’atto di fede nei confronti dell’Atalanta. «Sono orgoglioso di essere bergamasco e tifoso dell’Atalanta». Fossimo in epoca romana da Brescia scatterebbe per Fabio Gallo la «damnatio memoriae», la distruzione di qualsiasi traccia e memoria di una persona. La subì anche un altro Gallo. Caio Cornelio nato nel 69 a.C. Era un poeta Gallo. Non un pollo.
Andrea Cittadini
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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