Qatar 2022: grazie ad una bresciana c'è anche un po' d'Italia ai Mondiali

Se la Nazionale italiana non ha staccato il biglietto per i Mondiali, un tocco di brescianità non manca però in Qatar, dove gli abiti di scena degli spettacoli inaugurali sono stati coordinati da Alessandra Ranghetti, 40enne di Palazzolo, e dal suo team composto da altre tre ragazze. Alessandra vive a Milano, è sposata e ha due figli. Ha studiato scenografia a Brera e si è poi avvicinata al mondo del costume lavorando in sartoria per alcuni musical italiani.
Nel 2009 si è trasferita a Londra, dove ha svolto diversi lavori nel suo settore, tra cui anche eventi come la cerimonia del Flag Handover delle Olimpiadi del 2012. Così è arrivato un contratto a tempo indeterminato nel Wardrobe Department di «Mamma Mia - The Musical» nel West End. «Nel 2014 mi è arrivata una proposta lavorativa tutta italiana e così ho deciso di rimpatriare – spiega l’artista -. Nel 2019 è nato il mio primo figlio e ho scelto serenamente di fermarmi per fare la mamma, così come nel 2020 con la mia seconda figlia. Ma nell’estate del 2021 ho ricevuto un invito per un lavoro di un mese e mezzo in Arabia Saudita: lì per lì ho sorriso, ma mio marito mi ha fatto capire che sarebbe stata un’occasione da cogliere».
La storia
La stessa azienda che l’aveva portata a Riyadh, Bws (Balich Worder Studio), nei mesi scorsi l’ha poi chiamata proponendole di gestire il Wardrobe Department della cerimonia d’apertura della Coppa del mondo in Qatar. «Il mio lavoro è consistito nel far dialogare con lo spettacolo i costumi disegnati da Nicolas Vaudelet e realizzati dalla sartoria Lowcostumes di Roma – prosegue la palazzolese -. La mia squadra è tutta al femminile e ognuna di noi ha un compito ben preciso. Del resto, in questi appuntamenti gli imprevisti sono dietro l’angolo e la tensione è alta, una lotta contro il tempo in cui tutto deve essere pronto e perfetto». Partita il 24 ottobre con la sua assistente Elisa Abbrugiati, a Doha ha trovato le colleghe Bianca e Janit Fernandez, con cui ha cominciato subito a lavorare allestendo il dipartimento costumi con l’aiuto anche di sarte locali e dressers.
«Tra fitting e aggiustamenti è stato un mese intenso, ma tutto è andato bene – conclude -. Questo Paese è multietnico, più occidentalizzato rispetto all’Arabia Saudita. Nella mia squadra c’erano ragazze locali, alcune delle quali molto conservatrici: ho rispettato le loro esigenze facendo in modo che pregassero quando ne avevano bisogno e le ho messe a loro agio durante il lavoro coi ballerini. Lavorare nel business del calcio è stata una bellissima esperienza».
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