Paolo Rossi, il ricordo di Tardelli che non si può non leggere
«Click. Buio. Stamattina all'alba rispondendo come un'automa alla telefonata di Michel (Platini, ndr), dentro di me si è spenta la luce. Buio pesto, niente lacrime, niente parole, niente di niente. Solo buio e un ingorgo indescrivibile di emozioni bloccate in gola. A togliermi il respiro».
Questo il ricordo di Paolo Rossi che Marco Tardelli, altro campione del mondo di Spagna 1982, affida a La Stampa. «Non ci riesco, mi sono detto, non posso parlare o scrivere di Paolo oggi - scrive l'ex centrocampista della Juventus e della Nazionale -. Un fratello che se ne va senza un perché e senza preavviso. Poi ho pensato che negli ultimi tempi ti ho cercato, come in preda al panico, come sentendo qualcosa dentro e non sono riuscito, se non con sms o attraverso Federica, a dirti quello che avrei voluto. E allora forzando il mio carattere chiuso e pieno di pudore, di cui sorridevi divertito e scanzonato, provo a dirtelo qui, fratello sul campo e nella vita. Fratello di gioia, di luce, di pura e totale felicità. È difficile, direi impossibile per me ricordare tutto quello che abbiamo vissuto insieme. Momenti belli, unici, irripetibili. Insieme nella difficoltà».
«Pertini, Bearzot, il nostro maestro di vita e di calcio e gli italiani tutti. Scamiciati, sudati sugli spalti a piangere e gioire con noi. Finalmente un Paese unito dalla nostra vittoria. Un miracolo, ma il miracolo fatto da un gruppo di ragazzi che ancora oggi, quasi 40 dopo, si sentono famiglia. Chissà se da lassù stai leggendo il disorientamento che viaggia sui messaggi della nostra chat... forse sorridi ripensando a quella esibizione maldestra e emozionata con Francesco De Gregori, solo un anno fa prima che si spegnesse la luce. E allora Paolo - conclude Tardelli - oggi dai un bacio a Gaetano e abbraccia el Vecio anche da parte mia. Cominciate a giocare voi, prima o poi ci rivediamo...».
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