Sport

Odillo Piotti, l’uomo della Marcialonga che ne ha corse 50 su 50

Come lui soltanto tre altri super atleti: «La prima? Vi partecipai per curiosità» Poi è diventato vero amore
Odillo Piotti durante una delle 50 edizioni della Marcialonga alle quali ha preso parte - © www.giornaledibrescia.it
Odillo Piotti durante una delle 50 edizioni della Marcialonga alle quali ha preso parte - © www.giornaledibrescia.it
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La prima? «Per pura curiosità. Avevo saputo che quattro amici trentini, entusiasti dopo aver partecipato alla Vasaloppet, intendevano organizzare una granfondo simile coinvolgendo Val di Fiamma e Val di Fassa. L’edizione inaugurale, svoltasi nel 1971, era di soli 60 km, arrivai diciottesimo su 1.800». La più entusiasmante? «Quella del 1979: lì c’erano davvero tutti, partimmo in settemila, la distanza era quella attuale di 70 km e arrivai 26esimo. Quando lesse l’ordine di arrivo, il ct azzurro diventò matto, non mi conosceva e venne a cercarmi in albergo, proponendomi di passare al gruppo sportivo delle Fiamme Oro. Ormai avevo 36 anni e  non se  ne fece nulla. L’opportunità, del resto, l’avevo avuta a 18 anni. Ero troppo giovane per un’esperienza del genere e non me la sentii di lasciare Tavernole, dove ero cresciuto».

La più amara? «Quando mi squalificarono, ingiustamente, per aver anticipato la partenza. Invece fui tratto in inganno da un gruppo di atleti scattati al via prima di me. Per fortuna, le immagini televisive chiarirono tutto, fui riammesso in classifica e, per scusarsi, l’anno dopo gli organizzatori mi premiarono con una targa. Perché quella era la ventesima edizione cui avevo partecipato». L’ultima? «Una battaglia. Un norvegese, al via dietro di me, mi ha travolto facendomi cadere con la faccia sulla neve. Però ho finito anche quella».

Tutte, Odillo Piotti le Marcialonga le ha fatte proprio tutte e cinquanta, assieme a Luigi Delvai, Fabio Lunelli e Costantino Costantin. Sono i quattro senatori della più popolare granfondo italiana, quelli che hanno cominciato con gli sci di legno e i bastoncini di bambù. In piazza Duomo a Trento, il mese scorso, hanno organizzato apposta una premiazione per loro. «Diciamo anche che sono stato un po’ fortunato, perché a una edizione avrei dovuto rinunciare dopo la rottura del perone, decisi di farla lo stesso col gesso, invece fu annullata per mancanza di neve».

Campione

Odillo Piotti con le locandine delle varie Marcialonga - © www.giornaledibrescia.it
Odillo Piotti con le locandine delle varie Marcialonga - © www.giornaledibrescia.it

Ha fatto e fa anche molte altre cose, Odillo Piotti: ha corso la maratona sotto le tre ore, ha praticato la canoa, quattro volte (una in prima fila) ha preso parte a quella Vasaloppet da cui tutto è cominciato. Tuttora – alle soglie degli 80 anni - va in bici, non c’è giornata che non sia a camminare o a sciare, ha riempito la casa di trofei, col passare degli anni ha sfidato la vecchiaia con lo sport, suo formidabile propellente.  

È l’orgoglio di Gardone Valtrompia – dove risiede con la moglie Beppina - non c’è fondista in Italia che non lo conosca e  non lo apprezzi. Tanti gli hanno chiesto di trasmettere la sua sconfinata esperienza ai più giovani. «Sono anche maestro di sci, però mi sento ancora agonista e all’insegnamento preferisco  la competizione».

Percorso

Figlio di una terra che non molla mai, Piotti ha superato  le difficoltà di chi non fa questo sport per professione. «Mi sono allenato anche di notte quando non ci riuscivo di giorno. Poi a 51 anni sono andato in pensione, avendo cominciato a lavorare da ragazzo in una officina prima di andare all’Enel. Salivo sui tralicci dell’alta tensione, una volta andai giù dall’altezza di 23 metri. Grazie all’imbracatura e all’agilità, me la cavai con qualche punto di sutura». Questa storia dovrebbe finire col solito augurio di altri, strepitosi traguardi da raggiungere alla Marcialonga ma chi vuole bene a Odillo non sarebbe d’accordo. «Non ha senso andare oltre. La cartilagine a un ginocchio ormai non c’è più, ho un’anca artificiale e una piastra alla clavicola: non c’è motivo, alla mia età, di espormi al rischio di nuovi infortuni. La penultima edizione l’ho chiusa con dolori alla schiena e la preparazione alla gara mi costa spesso notti insonni. A questa corsa devo tutto, per rispettarla voglio lasciarla in bellezza con la migliore immagine di me». Quella della nipote Laura che al traguardo dell’ultima Marcialonga lo abbraccia forte, orgogliosa del suo fantastico nonno.

Il binomio con Zampatti

Piotti-Zampatti, in rigoroso ordine alfabetico. Uno slogan, quasi un marchio di fabbrica. Dove c’era l’uno, non mancava l’altro, assieme hanno conquistato centinaia di gare. Con effetti  a volte esilaranti. Avevano vinto anche l’edizione 1984 della Pizolada delle Dolomiti, una classica dello sci alpinismo, solo che la Rai non se n’era accorta. Racconta, ancora spazientita, la signora Beppina, moglie di Odillo. «Alla Domenica Sportiva, la sera, mostrarono un bellissimo servizio, dando ampio risalto alla manifestazione. Poi però dissero che se l’erano aggiudicata Tone Valeruz e Bruno Pederiva. Telefonai arrabbiatissima in redazione, mi rispose direttamente Bruno Pizzul, mortificato per l’errore. A loro la notizia era arrivata così».

Ricorda divertito Odillo. «In realtà i nostri avversari si erano aggiudicati solo la prova in salita, e con largo margine, tutti devono aver dato per scontato che avrebbero conservato il margine in discesa, tanto più che erano i favoriti. Invece io e Lino aspettammo le migliori condizioni di neve prima di andar giù e alla fine la spuntammo noi».  Sono stati tanti i compagni di viaggio di Odillo Piotti nella sua ormai leggendaria carriera, forte la riconoscenza che prova per lo Sci club della Polisportiva Vobarno per il quale è tesserato da anni. «È un sodalizio che mi supporta in tutto, dal materiale tecnico alle spese per le trasferte e per le iscrizioni alle gare. Un sostegno fondamentale che mi ha consentito di continuare a gareggiare ad alto livello».

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In Trentino, poi, Piotti è un’istituzione, tutti lo chiamano per nome spesso storpiandolo in Odilio o addirittura Duilio. «Sì, un nome strano il mio – ammette Odillo – dovuto alla devozione dei miei genitori per una santa poco conosciuta. Mia figlia Lucia in estate è andata a scovarne le tracce in Francia». 
La persona cui Piotti è più legato nel mondo dello sport è comunque Angelo Migliorati, figura storica del ciclismo bresciano, che 40 anni fa scalò il Guglielmo col primo modello di mountain bike, chiamato Rampichino. «Ci alleniamo assieme, mi segue ovunque. All’ultima edizione della Marcialonga, quando mi ha visto arrivare al traguardo, piangeva dalla gioia. Era più felice di me». Come succede a ogni vero grande amico.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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