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Mihajlovic: «Mesi difficili ma sono ancora qua»

Sinisa Mihajlovic in conferenza stampa ha parlato della malattia, delle cure e, ovviamente, di calcio
Sinisa Mihajlovic - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
Sinisa Mihajlovic - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Un'ora e mezza di conferenza stampa per riassumere gli ultimi quattro mesi della sua vita, tra la lotta alla leucemia e il campo, che piano piano dalla scorsa settimana ha ritrovato. Una conferenza stampa, quella tenuta a Casteldebole da Sinisa Mihajlovic, piena di momenti umanamente toccanti, specie quando ha parlato della sua famiglia, rivolgendosi e ai figli ma anche a tutti quanti in questi mesi gli hanno fatto sentire la propria vicinanza.

Ha parlato anche del rapporto con Roberto Mancini con il quale non si sentiva da tre-quattro anni ma che è stato uno dei primi a chiamarlo e ad andarlo a trovare, riannodando l'antico legame di amicizia. Al suo fianco il direttore dell'Istituto Seragnoli dell'Ospedale Sant'Orsola nel quale è stato curato, Michele Cavo, e la dottoressa Bonifazi, che ha eseguito il trapianto di midollo. Grazie a un database internazionale di 36 milioni di possibili donatori e' stato possibile trovare un donatore.

Per quanto riguarda le tempistiche, bisognerà dare una particolare attenzione ai primi cento giorni 

Mihajlovic ha voluto ringraziare «chi in questo mesi mi ha scritto lettere, messo striscioni nei vari stadi, fatto pellegrinaggi, o chi ha anche solo pregato per me. Mi sono sentito protetto nel mio mondo del calcio, mi sono sentito parte di una famiglia. Volevo ringraziere tutti i tifosi delle diverse squadre ma soprattutto quelli del Bologna che mi hanno fatto sentire come un figlio».

«I miei figli, che sono la mia vita» ha continuato «anche se con tanta paura hanno accettato di fare tutto e questa è stata una grande dimostrazione di amore verso di me, e non è una cosa così scontata». 

«Un ragazzo, una ragazza di 18, 19 anni, che si mettono a completa disposizione per salvare la vita al padre... potrebbe essere scontato ma non è così.Non mi sono mai sentito un eroe per quello che sto facendo. Solo un uomo, sì forte, con carattere, che non molla mai. Ma sempre un uomo con la sua fragilità».

«Penso che quando senti così tanto affetto non puoi mollare. L'ho fatto per loro poi per me. Mi faceva sentire vivo. Ti da' ancora più forza per andare avanti»

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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