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Mazzone e la corsa sotto la curva atalantina: "Insultarono mia madre, io reagii"

Per le "Interviste del Centenario" è la volta di Carlo Mazzone.
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È là, in riva all'"Adriatico selvaggio", su quelle stesse spiagge dove raccontava, una decina d'anni fa, di dedicarsi a chilometriche passeggiate lungo la battigia. La voce al telefono non dà segno di noia, anche se lo disturbiamo nel bel mezzo di un pomeriggio assolato in cui una telefonata è ben lungi dall'allungare la vita... Soprattutto se si è al mare. Perché parole come "Brescia", "Roberto Baggio", "Pep Guardiola" sono un apriti sesamo, davanti al cuore del "grande vecchio". E dare la stura ai ricordi è sempre bellissimo.

Carlo Mazzone, tre stagioni sulla panchina del Brescia, dal 2000 al 2003, è uno di coloro ai quali si deve il momento più felice nei cent'anni di storia della società biancoblù; e mentre il Sor Carletto rievoca quelle stagioni che portarono le rondinelle in Europa (due partecipazioni all'Intertoto, l'accesso alla Coppa Uefa sfiorato), la sua voce si fa sempre più sonora, al "Forza Brescia" finale.

Corsi e ricorsi storici: dieci anni fa, il 14 luglio, il Brescia dei "grandi" si radunava per la sua seconda stagione consecutiva in serie A, mentre quello dei "piccoli", con Menichini in panchina, affrontava al Rigamonti gli ungheresi del Tatabanya, appunto nell'Intertoto.
Dunque, mister, dieci anni fa di questi tempi il Brescia si metteva al lavoro con un entusiasmo senza precedenti. Quest'anno, invece la situazione è radicalmente diversa. Ma c'è una ricetta per scendere da questa altalena?
"Non credo proprio che si possa parlare di ricette. Il problema è che spesso le retrocessioni, e quest'ultima è una di quelle, nascono da situazioni casuali. Perché quest'anno il Brescia è stato penalizzato eccessivamente da alcuni episodi. Penso, ad esempio, a quel rigore di Caracciolo sbagliato contro l'Inter... Sono momenti che incidono moltissimo; ho visto risultati decisi da pali o traverse, a volte da decisioni arbitrali...".
Eh sì, con gli arbitri piove sempre sul bagnato...
"Senza fare le vittime, è proprio così. E noi ci troviamo a commentare un'altra stagione negativa del Brescia in serie A".
Altro clima, rispetto ai suoi tempi...
"Posso solo dire che la mia esperienza al Brescia mi ha fatto molto piacere".
Le dico tre frasi di due parole l'una, in serie. Me le commenti, cominciando da Mazzone-Baggio...
"Troppo facile ricordarlo come un grande campione. È stato un ragazzo eccezionale, sul piano umano. E dico che il calcio italiano l'ha sottovalutato. Nel Duemila l'aveva già accantonato. Pensate che è stato un mio collaboratore e amico carissimo che ora non c'è più, Cesare Medori, a segnalarmi che Baggio poteva essere ingaggiato. Anzi, ci fu un siparietto divertentissimo a casa del presidente ed alla fine fu proprio la signora Corioni a "sponsorizzare" Roby ed a convincere il marito. Fummo felicissimi. Tra l'altro Baggio mi creò, per così dire, il mio unico problema con Trapattoni, quando, prima della spedizione azzurra in Corea, feci presente che io l'avrei convocato ed il ct se ne risentì un po'. Lui non gradì, ma poi ci siamo chiariti. E adesso abbiamo scoperto un altro grande campione, Pep Guardiola...".
E così mi ha anticipato la seconda "accoppiata", che era appunto Mazzone-Guardiola...
"...Un altro grande campione, non solo in campo. Mi fa piacere che Pep vinca spesso e che Baggio abbia ottenuto un riconoscimento venendo chiamato nello staff della Nazionale".
Il terzo abbinamento di nomi è, ovviamente, Mazzone-Corioni.
"Un rapporto bellissimo, che è durato anche dopo il mio addio al Brescia...".
Un rapporto non inficiato dal fatto che a volte il presidente parla in modo fin troppo franco...
"Noi, si può dire, non abbiamo mai avuto un problema vero".
Vanno di moda i "motivatori". Non si sente un po' un precursore?
"Sì, il lavoro psicologico è sempre stato fondamentale per me. La mia regola? Rispettavo l'uomo anche quando richiamavo il giocatore. Mai avuto problemi con i ragazzi, anche se a volte alzavo i toni. Mi assumevo le responsabilità, ma loro dovevano rispettare certe regole".
In quel periodo d'oro, ci fu pure il momento del dolore profondo, con la morte di Vittorio Mero.
"Un episodio che mi ha colpito nel profondo. Pensare che fu tutta colpa di quel cartellino a Roma, contro la Lazio, che fece scattare la squalifica. Quella fu una vera tragedia. Ha segnato tutti".
Ed eccoci al "must". La corsa sotto la curva dell'Atalanta. Le erano davvero girati...
"Io avevo sempre cercato di stemperare quel tipo di stress. Ed avevo esperienza di "derby". Roma-Lazio, ma anche Ascoli-Sambenedettese, Lecce-Bari... Ero vaccinato. Non caricavo mai la tensione, già alta. Perché in questi casi si passava dagli incontri agli scontri. Ma poi che razza di "sportivi" erano, questi tifosi? Quel giorno accaddero cose poco simpatiche nei miei riguardi. Avevo un ricordo forte della perdita di mia madre, e sentirmi apostrofare come "romano di merda" e "figlio di puttana", mi ha fatto perdere il lume degli occhi. Non capivo il perché di tutto questo".
È di moda Calciopoli, e si parla dello scudetto 2006... Ma cosa dovrebbe dire il Brescia della retrocessione del 2005?
"Già, ci sarebbe molto di cui parlare. Ed io aspetto ancora che succeda qualcosa. Anche per il mio Bologna che retrocesse in modo poco chiaro. Ragazzi, io le ho sentite, le intercettazioni, quando sono stato chiamato al processo di Napoli. Non c'è stata onestà, correttezza, lealtà".
Sarebbero tre parole adatte a chiudere l'intervista, ma Mazzone ha un'altra idea.
Un abbraccio a tutti e forza Brescia. Ricordatevi che la vostra squadra ha il difetto di non saper restare a lungo in serie A, ma ha pure il pregio di saperci ritornare in fretta. E se stavolta Corioni non ci riesce al più presto, gli facciamo pagare una mega cena a tutti quanti".
Giuseppe Antonioli
 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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