Mario Balotelli non è un fallimento
«Oooooh Balotelli, he’s a striker. Good at darts...». Uno dei più bei cori, non solo da stadio, coniato dai tifosi. Lo intonavano in metro, sui treni che li portavano in trasferta, fuori dai pub i supporters del Manchester City. Per lui, per Mario Balotelli. Ogni volta che lo ascolto (qui è solo un accenno) non mi esce più dalla mente, lo ripeto ossessivamente finché qualcuno non mi guarda strano. Quanto tempo è passato...
Dedico queste righe a lui, nella speranza di poter essere in qualche modo utile. Il campionato è finito da tempo, forse nemmeno è mai iniziato. E la Champions è lontana. Qualche giorno fa parlando di Mario Balotelli il suo allenatore al Nizza, Patrick Vieira, ha usato il termine «fallimento». E ha usato questa parola, orribile, rivolgendola come un dardo infuocato proprio nei confronti del nostro conterraneo. Lui che anche ai «darts» è «fottuto campione». Così come ha «fottuta classe», dice il testo, quando gioca a pallone. Non a calcio, a pallone. A «fobal», diremmo noi. E lui.
Non ho mai avuto occasione di conoscere direttamente Mario. Ma credo di volergli bene. A prescindere. Perché Mario è come quei figli che te le tirano fuori dalle mani ma ai quali non riesci a perdonare quasi tutto. Perché quando lo guardi in fondo ai suoi occhioni non ci puoi non vedere qualcosa di buono, di sano. Poi, certo, spesso lo rincorreresti per il campo con un bastone nodoso. Gli vorresti urlare che milioni di ragazzini vorrebbero saper giocare a pallone come lui e miliardi di esseri umani vorrebbero avere, oltre che il suo conto in banca, anche tutte le seconde, terze e quarte occasioni che ha avuto lui nella sua vita professionale. E che lui, invariabilmente, sta buttando via.
Mario ha 28 anni. Per un calciatore significa la piena maturità, biologicamente potrebbe giocare ad alto livello ancora sei/sette anni. Ma chi gli crede ancora? Chi è ancora disposto a investire non tanto soldi ma tempo, pazienza, energie nervose e mentali in un ragazzo che forse è diventato uomo ma che in campo non gioca quasi più? Non so davvero quali fantasmi animino i pensieri di Balotelli. Non so se lui davvero abbia il calcio come priorità o se invece stia considerando l’idea di mandare tutti a quel paese e godersi i soldi che ha guadagnato girando il mondo alla facciaccia di tutti quelli che stanno godendo nel vederlo ancora una volta ai margini del grande calcio.
Mario sa benissimo che potrebbe andare avanti ancora anni a lucrare sul suo talento e incassare stipendi impensabili per quasi tutti gli essere umani. Potrebbe farlo in Cina o negli Stati Uniti. Il suo procuratore è in grado di trovargli ingaggi milionari per molto tempo ancora. Anche perché portare in giro Mario significa per Rajola provvigioni ricche e non difficili. Credo invece sia arrivato il tempo che lui si convinca di voler prendere in mano il suo destino e affidare la sua seconda parte di carriera a qualcuno che sappia tirare fuori il meglio dalle sue gambe, dalla sua testa, dal suo cuore. Non parlo di procura. In quello Rajola è il numero uno. Parlo di qualcuno che gli voglia bene davvero, che lo guardi in fondo ai suoi occhioni e sappia parlargli anche solo con uno sguardo per infondergli coraggio e saggezza. Che la forza sia con te, Mario.
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