Le star bresciane del Jinnah cricket club da 30 milioni di clic
Non ce ne rendiamo conto, eppure abbiamo gli occhi del mondo addosso grazie a uno sport del quale siamo a malapena a conoscenza. Si tratta del cricket che, da quando ha il Jinnah cricket club ha disposizione un campo in via Gatti, ha concentrato in città il meglio del movimento, portando cinque atleti Nazionale italiana che poche settimane fa ha battuto perfino i maestri dell’Inghilterra.
Si fa fatica a crederlo - ed è comprensibile -, ma nella scorsa primavera, quando finalmente l’attività è ripresa a pieno regime dopo le restrizioni anti-Covid, le partite giocate a Brescia dei gironi di European - quella che nel calcio è la Champions League - sono state seguite in diretta da tantissimi appassionati, quasi tutti concentrati nell’Estremo Oriente, dove questa disciplina è una religione.
Due milioni le visualizzazioni su YouTube e quasi 30 milioni sulla piattaforma indiana Fancode per le Final Four del T10 (torneo che consente partite molto più brevi) dominate dalle nostre formazioni: ha vinto lo Jinnah, davanti allo Janjua e al Cricket Brescia.
Per la squadra vittoriosa è stato solo il punto d’avvio di una stagione esaltante, che la porterà a giocarsi due scudetti in pochi giorni. E pensare che il club, risorto sulle ceneri di quello vecchio, non ha nemmeno un anno di vita.
Ricorda Siddiqui Khuram, manager del sodalizio: «Nel novembre 2020 vennero a cercarmi i vecchi dirigenti, delusi dal fatto che il gruppo si stesse sgretolando. Io, che allora organizzavo tornei nel Nord Italia, accettai di occuparmene a certe condizioni: in caso di problemi, andavano risolti faccia a faccia, non parlando uno alle spalle dell’altro. Nessuno in campo avrebbe dovuto opporsi alle decisioni del capitano, né sarebbero state accettate interferenze nella scelta dei convocati alle partite».
I patti sono stati rispettati e ora lo Jinnah è atteso da due finali tricolori, quella del T20 (un format intermedio con incontri che non durano più di tre ore e mezza) contro il Latina sabato 30 ottobre e quella del T50 (la formula più classica e prestigiosa) il 7 novembre contro Bergamo. «Ho capito che avremmo centrato tutti i traguardi proprio alla prima sconfitta - confessa con orgoglio Khuram -. Invece di litigare, i miei ragazzi con serenità cercavano di capire cosa non aveva funzionato. E nelle gare successive non hanno più ripetuto gli stessi errori».
Anche se la squadra gioca a Brescia, in realtà è nata a Sarezzo. «Devo molto all’aiuto della Amministrazione e dell’assessore allo Sport Massimo Ottelli - spiega Khuram -, che ci ha messo a disposizione 2mila euro per il defribillatore. In paese, però, manca ancora un’area da destinare alla costruzione di un campo da cricket, e così siamo costretti a giocare a Brescia, in via Gatti».
Ciò che inorgoglisce il manager dello Jinnah è la grande risposta avuta dai giovani. «Fra prima squadra e Under 19 siamo arrivati già a una cinquantina di tesserati. Certo, molto più potremmo fare entrando nelle scuole». Sarebbe un’occasione da non perdere per i nostri studenti, nel cricket scoprirebbero grandi valori: qui non solo le proteste sono proibite, ma è obbligatorio congratularsi con un avversario per una giocata ben riuscita. E si apprezzano atleti disposti a grandi sacrifici pur di praticare lo sport che amano.
Come Janak Waas e Sukhwinder Singh, che fanno i turni di notte in fabbrica e dal campo da cricket vanno direttamente sul posto di lavoro dopo le partite. O come Fernando Charit, che invece fa il percorso inverso: dalla fabbrica viene al campo dopo aver lavorato fino all’alba. La storia che più ha colpito Khuram è però quella di Champika Waranakulasuriya, per gli amici solo Janaka. «Una notte mi chiamò perché mentre lavorava gli era caduta acqua bollente proprio sulla mano destra, quella con cui lancia e batte. Però mi disse che sarebbe comunque venuto a giocare e fu poi tra i migliori in campo». Non a caso oggi è in Nazionale.
Solo uno dei tanti sconosciuti pionieri di una disciplina a Brescia in continua espansione. E non è difficile da capire. Uno sport che trasforma un problema (la lunghezza delle partite) in ricchezza: stando così tanto assieme non ci si sente più avversari e si diventa amici.
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