Le radici di Corini, parla Mamma Giuditta: «Vi racconto Eugenio»

Rughe di gioia e fierezza. Rughe che come tasselli di un puzzle si intersecano per dare forma a un affresco di umiltà, bontà ed equilibrio. Lo sguardo che contorna gli occhi di Giuditta Rizzi in Corini, madre di Eugenio, è un passaporto di valori famigliari trasmessi con una linearità che arriva dritta al cuore.
In molti pensano che il frutto non cada mai troppo lontano dall'albero, e al Villaggio Franzoni, tranquilla zona residenziale di Bagnolo Mella in cui i Corini hanno eretto la loro casa con i mattoni del sacrificio e del lavoro tipici delle latitudini bresciane, lo slogan riemerge con somma veridicità. Mamma Giuditta e le sorelle di Eugenio, Anna e Maura, abitano tutte e tre a Bagnolo, nel raggio di 500 metri, legate indissolubilmente da un filo indistruttibile d'amore. «Mi scusi se non sono vestita in maniera elegante, io sono una persona semplice» si giustifica Giuditta con il sorriso sulle labbra. Forse non sa che la semplicità è una forma di estrema e smarrita eleganza. In casa ad aiutarla per alcune faccende domestiche c'è Anna, e gli occhi sono gli stessi di Eugenio: illuminati da una vivacità e una educazione disarmanti. E' uno sguardo che sembra un marchio di fabbrica, da esibire per fare breccia nel cuore dei loro interlocutori.
L'abitazione è costellata di elementi che celebrano con discrezione la carriera e l'infanzia di Eugenio, un anti-eroe senza mantello o superpoteri, che ha saputo conquistarsi la sua fetta di gloria sportiva con rispetto ed onestà. «Eugenio ha iniziato a tirare calci al pallone a circa sei anni. Calci sulla ghiaia del cantiere di questa casa, con la maglia dell'Inter cucita addosso. Per lui il calcio è stata una passione sbocciata con naturalezza e cresciuta con forza progressiva. Non c'era nulla che potesse distoglierlo dal suo amato pallone».
Papà Carlo istruisce i figli con il rispetto nei confronti di tutte le discipline sportive e il concetto di sacrificio come caposaldo di vita. Eugenio coglie come sempre la palla al balzo e prima di approdare alla Voluntas si ritrova addirittura ad allenarsi, oltre che con la maglia dell'amata Fionda, anche con quella della Bagnolese. Bimbo cresciuto in fretta.
«Era l'oggetto del desiderio calcistico di tutta la piazza - continua Giuditta -, ma presto venne il periodo delle decisioni». Il racconto della madre viene incalzato dalla figlia: «Eugenio è stato prima un bimbo e poi un ragazzino molto intelligente, ma il suo amore per il calcio è sempre stato di gran lunga superiore a quello per i libri. Iniziò gli studi ma presto, vista anche l'intensità e la frequenza degli allenamenti, dovette alzare bandiera bianca e dedicarsi solo allo sport. Per un certo periodo lavorò anche ma i ritmi non erano sostenibili. Ricordo ancora Settembrino che telefonava a casa la sera prima della partita per sincerarsi che Eugenio fosse a casa a riposare…».
Una scelta tuttavia non senza rimpianti, che ancora oggi Eugenio cerca di bonificare con la lettura: «E' un divoratore di libri, si documenta tantissimo e cerca ogni giorno di riempire il vuoto lasciato dall'interruzione prematura degli studi». Sintomi inequivocabili di brillantezza mentale, la stessa qualità che Eugenio metteva in mostra da giocatore dispensando palloni illuminanti ai compagni e togliendo, con le sue punizioni, le ragnatele dagli incroci. Tuttavia ci sono due angoli di casa Corini che incarnano più che mai l'educazione e l'orgoglio di questa famiglia: il "Leoncino d'Argento" assegnato dalla diocesi di Albenga e Imperia a Eugenio nel 2017 per i valori morali del tecnico, e l'emozionante fotografia in bianconero del 1981 nel corso della Gothia Cup, trofeo internazionale giocato con la Voluntas di Roberto Clerici. Corini vinse il titolo di miglior giocatore del torneo. Lo scatto campeggia nella camera da letto di Giuditta: Eugenio come prima immagine da ammirare appena sveglia al mattino, e come ultima prima di coricarsi. Anche se a dire il vero lui, nonostante il costante peregrinare per la penisola, alle sue donne non ha mai fatto mancare nulla.
«Era qui per festeggiare il compleanno di una delle figlie proprio nel weekend di Brescia-Pescara. Dopo aver visto la gara ha detto che il Brescia è una squadra con ottimi valori, ma che deve trovare ancora la sua fisionomia. Per un attimo abbiamo tutti colto una sorta di presentimento, come se potesse arrivare da un momento all'altro una chiamata dalla sua squadra del cuore». Il fato gli ha offerto un assist, ma se per molti l'equilibrio è frutto in primis del bagaglio d'amore di cui si è dotati, lo stormo delle rondinelle ha trovato un leader di sicura competenza.
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