La Gioli come il Baggio del Brescia
Basta l’impatto per capire molte cose. Per capire come mai a 37 anni e dopo 307 presenze in Nazionale sia ancora sulla breccia e perché la sua bacheca sia farcita di medaglie e coppe più o meno di tutti i tipi. Basta l’impatto. E non è una questione di imponenza fisica o un fattore estetico, che comunque fanno la loro parte in un quadretto nel quale Simona Gioli brilla della luce di una personalità impressionante che avverti non appena ti dice semplicemente «ciao». Potrebbe pure permettersi di essere brutta: sarebbe comunque una stella. La stella che a Montichiari, in casa Metalleghe Sanitars «consideriamo - virgolettato che manteniamo anonimo - come se fosse il Roberto Baggio del Brescia».
Più che «la Gioli», uno dei personaggi simbolo della pallavolo femminile italiana, di fronte ti ritrovi una «Super Simo»: una donna «iperattiva» (sua definizione) che non si accontenta mai, che ha sempre fame. Di sfide e avventure professionali. Eccola a Montichiari, lei che per prima fece il salto in un campionato straniero, quello russo (e poi quello turco). Perché oggi è facile (8 su 14 delle attuali giocatrici della Nazionale azzurra impegnate ai Mondiali, ad esempio, giocano all’estero), ma nel 2008 era un po’ diverso. Ci voleva coraggio.
Tiene famiglia a Perugia, marito e figlio - Gabriele, 8 anni («ma di testa - dice sua mamma - è come se ne avesse 20, è impressionante»), ma la sua testa riesce a sdoppiarla con Montichiari. Non per svernare e tirare a fine carriera. Quel momento, tra l’altro, è ancora lontano: «Perché io 37 anni li ho solo all’anagrafe. Ma in realtà non li ho: sto bene fisicamente e non faccio fatica sotto nessun punto di vista».
Professionista e professionale fino al midollo, in lei la società del presidente Zampedri vede il faro attorno al quale costruire l’obiettivo salvezza della prima storica serie A1 femminile di Montichiari. Non una figurina. Che pure servirà per attirare pubblico al PalaGeorge: «Lo spero - dice Simona - e invito tutti a venire a sostenerci. Tra l’altro questo è un impianto tra i più belli che abbia visto in giro. Quando ci sono entra la prima volta ho detto "cavolo, però...". Non chiedetemi pronostici: non ne faccio mai, sono molto scaramantica».
E per questo «non voglio dir nulla nemmeno della Nazionale impegnata ai Mondiali. Ovvio che la sto seguendo: come potrei non farlo? Faccio un gran tifo, è una squadra fortissima e spero arrivi fino in fondo: sarebbe un traino pazzesco per il nostro movimento». Montichiari sembra già cosa sua: «Mi trovo benissimo, mi sembra di stare in una grande famiglia. Sono in una società solida nella quale i ruoli sono bene definiti e ognuno fa il suo, ma in un clima di condivisione. Amo le sfide, specie quelle che mi sembra possano portare su un percorso da costruire e sviluppare».
Simona Gioli fa parte di una generazione di «fenomene» (nel senso buono e migliore) e donne copertina della pallavolo. È, appunto di un’altra generazione. Come si fa a convivere con tante giovani? «Si ride e si scherza come cerco di fare io. È normale, dato lo stacco d’età, non avere tanti argomenti in comune con le più in erba, ma tanto c’è la pallavolo che ci unisce tutte». Con una conoscenza umana che cresce sul parquet e qualche volta si affina con un aperitivo di squadra: «Qui a Montichiari ho scoperto una bella enoteca e il vostro pirlo che assomiglia al veneto spritz. Mi sono adattata - scherza - anche all’usanza del nome». È alla mano: «Non sopporto atleti e atlete che non si fermano con i tifosi dopo le partite» e riservata: «Sul mio profilo facebook non troverete mai i miei pensieri e le mie foto di famiglia». E al futuro ci pensa? «Una scuola di volley per bimbe con il mio nome e magari fare il diesse, però come lo si fa all’estero e non ancora qui». Potrebbe essere la prima anche in questo. Tanto lei è «Super Simo».
Erica Bariselli
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