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Il ritorno a casa di Balotelli, raccontato dal New York Times

Rory Smith firma un articolo su SuperMario, in cui si racconta la sua carriera, ma anche la sua scomoda posizione di simbolo multiculturale
Mario Balotelli in posa con la maglia del Brescia - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
Mario Balotelli in posa con la maglia del Brescia - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
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Il New York Times ha dedicato un lungo articolo a Mario Balotelli e alla sua nuova avventura nel Brescia Calcio. Firmato da Rory Smith, «Mario Balotelli’s Italian Homecoming» è il racconto del ritorno a casa di SuperMario, in una città che negli anni è cambiata, proprio come lui. L’incipit è dedicato proprio all’appartamento che l’attaccante ha mantenuto come propria base, dal 2012 in poi, nonostante le esperienze in altre città in Italia e all’estero. 

«Non importata dove la sua carriera l’abbia portato - scrive Smith -, la casa di Balotelli è sempre stata lì, in una palazzina incasonata tra un rivenditore di Volvo e il campus dell’Università di Brescia. Il piano terra è occupato da un negozio di biciclette, una piadineria e uno showroom di arredamento. Balotelli ha l’attico».

 

L'articolo del New York Times su Balotelli
L'articolo del New York Times su Balotelli

 

Mentre era al Milan, al Nizza o al Marsiglia, il calciatore non ha mai abbandonato la propria abitazione, affrontando abitualmente i viaggi per partecipare ad allenamenti e partite. Smith racconta dell’entusiasmo dell’attaccante, contraccambiato dai tifosi, per l’approdo al Brescia. Una città che il suo preparatore Stefano Brasetti definisce orgogliosamente multiculturale, un contesto in cui però Balotelli ha faticato a trovare il proprio posto da ragazzino: «L’unico giocatore di colore non solo nella squadra, ma in tutto il campo. Una volta disse all’insegnante che stava cercando a togliersi il colore dalla pelle, chiedendosi se anche il suo cuore fosse nero».

Per il New York Times, quella di Balotelli non è la semplice storia di un giocatore: quando la sua fotografia venne messa in prima pagina dal Time, nel 2013, fu per sottolineare l’impatto culturale che nel nostro paese stava avendo in quanto calciatore italiano di colore, come se la sua attività non fosse stata giudicabile soltanto attraverso i gol e gli assist, ma anche con i cambiamenti sociali che con la sua figura sarebbe riuscita a portare. «Non ci sono neri italiani» era non a caso uno dei cori che gli venivano rivolti, dai settori di estrema destra delle tifoserie, ma non solo. Il fatto di essere un simbolo, suo malgrado, ha contribuito a rendere più complicata la sua carriera, è una delle tesi contenute nel pezzo. 

 

Nel fermo immagine Sky, il calcio al pallone dato da Balotelli dopo i cori razzisti al Bentegodi
Nel fermo immagine Sky, il calcio al pallone dato da Balotelli dopo i cori razzisti al Bentegodi

 

Smith cita le dichiarazioni dal sapore razzista del presidente del Brescia Massimo Cellino, poi giustificate come uno scherzo mal riuscito, o i fatti di Verona, ma anche gli episodi capitati ad altri giocatori sui campi di Bergamo o Cagliari. Discriminazioni a parte, l’articolo si sofferma anche sugli alti e bassi della sua carriera («forse era solo un buon attaccante, non il nuovo fenomeno del calcio italiano; forse abbiamo visto in lui qualcosa che non sarebbe mai potuto diventare»), ma anche sul fatto che è comunque una star, un magnete che cattura l’attenzione dei media e delle persone (spesso per ciò che gli accade fuori dal campo), un brand con un contratto a vita con la Puma che gli garantirà guadagni anche oltre la sua esperienza da calciatore. 

 

Mario Balotelli sorridente prima della partita contro il Parma - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Mario Balotelli sorridente prima della partita contro il Parma - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

 

Il New York Times assicura che ora Balotelli è felice, sereno, tra le partite con il Brescia (a cui significativamente viene dedicato pochissimo spazio nel pezzo) e le serate con gli amici nei luoghi che ama, a partire da piazzale Arnaldo. Nel finale, traccia un parallelo tra Balotelli e lo stesso Arnaldo: esiliato, condannato all’impiccagione e poi bruciato per eresia, a cui Brescia ha dedicato una statua in una delle sue piazze principali. Arriverà un monumento anche per SuperMario? Mettendo da parte l’articolo di Smith, per i tifosi del Brescia dipende tutto dalle sue gesta in campo: più che un simbolo della multiculturalità di un paese in cui il razzismo si manifesta quotidianamente, i tifosi più prosaicamente lo vedono come un campione chiamato a salvare la squadra. Un ruolo già sufficientemente delicato. 

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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