Icaro, un tricolore sulle note di «Madonnina dai riccioli d’oro»
Non sempre a invocare la protezione della «Madonnina dai riccioli d’oro» sono i tifosi della Curva Nord. Questo bellissimo inno può levarsi anche dalle gradinate di un campo di atletica per vincere il freddo e la fatica, tra una gara e l’altra di un durissimo campionato. È quello che sono riuscite a portare a termine, in condizioni estreme, le atlete di Icaro - tutte con gravi handicap visivi - nei tricolori di società paralimpici chiusi al secondo posto solo per una gabola del regolamento.
Nell’ultima fase disputata a Gravellona Toce erano rimaste solo in quattro, eppure hanno completato le quindici gare in programma e fra una pausa e l’altra si tiravano su intonando il coro degli ultras delle rondinelle e della Pallacanestro Brescia, avviato da Fulvio Mosconi, accompagnatore e dirigente del club. «Non conoscevo questa canzone - ammette Maria Cristina Luisani, 50 anni - e mi ha commosso soprattutto il finale».
Perché in quel «siamo bresciani e siam figli tuoi» molto si riconosce, pur essendo di Crema. «Nella mia città purtroppo non c’è la stessa sensibilità che ho avuto modo di apprezzare da voi. Qui siete preparati e attenti. E in Icaro ho trovato un ambiente fantastico». Per sdebitarsi, Maria Cristina ha coperto ben sei gare. «Così tante? - scherza -. Neppure me ne sono accorta. Le guide mi prendevano per il cordino e mi spostavano da un lato all’altro della pista, perché c’era da coprire un buco. L’ho fatto con entusiasmo, bello sentirsi utili in un gruppo così».
Punti, servivano punti. E molti ne ha procurati anche l’ultima arrivata, Loredana Bertolo, classe 1982, il cui sorriso ha portato qui la luce della sua Catania. «In realtà sono anni che vivo qui e ho sempre cercato di cogliere tutte le opportunità che lo sport offriva». Come Corri per Brescia, appuntamento podistico aperto a tutti, che si svolge ogni giovedì sera. Cascasse il mondo, Loredana c’è sempre, e modula gli impegni lavorativi della settimana per non perdersi una serata.
Quando hanno visto tanta passione, i dirigenti di Icaro le hanno chiesto aiuto. E lei, pur non avendo mai corso a livello agonistico, ha riempito altre sei caselle. «La gara che mi ha emozionato di più è stata quella degli 800 perché al traguardo mi aspettava per un abbraccio Sandra Inverardi, arrivata prima di me».
Sandra Inverardi, 45 anni, è la leader indiscussa del gruppo, e non solo perché pluricampionessa italiana a livello individuale. Ha carisma, carattere, ha praticato tanti altri sport, ha partecipato come co-pilota persino a rally automobilistici con un navigatore in braille. Ed è animata da una sana, strepitosa autoironia. Quando a un certo punto lo speaker ha invitato a farsi avanti la staffetta delle donne, lei ha replicato: «Qui veramente ci sono solo nonne». Che però si sono dimostrate indistruttibili.
Basti raccontare come Piera Loda, nel 2017, abbia festeggiato i 50 anni. «Mi sono regalata la Maratona di New York ed è stata una bellissima esperienza. Sentivo i bambini lungo il percorso incitarmi e stringermi le mani». A dare gli ultimi consigli Gianni Poli, che quella corsa la vinse nel 1986. «Non ha fatto distinzioni tra atleti più o meno famosi, è stato prodigo di suggerimenti. Il più importante? Distribuire le energie lungo tutti i 42,195 chilometri». Rosa Ambrosi, 42 anni, presente nelle prime due prove del campionato all’ultimo appuntamento non c’era. Fingendosi arrabbiate, le compagne per scherzo glielo fanno ancora notare. «Ho dovuto restare a casa perché mio marito Marco Zingarelli partecipava alle gare maschili e uno dei due doveva pur occuparsi dei figli».
In compenso, Rosa di punti ne aveva raggranellati tanti nelle prove precedenti. Uno straordinario lavoro di gruppo, purtroppo ridimensionato dal regolamento. Icaro era arrivata davanti a tutti, ma Omero Bergamo ha potuto giocare un jolly che consente di raddoppiare i punti ottenuti dalle atlete più giovani e in questo modo ha operato il sorpasso. «Vogliamo spingere le ragazzine non vedenti a fare sport - conclude Rosa -. Troppi genitori le tengono a casa, togliendo loro una grande opportunità di socializzazione».
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