I bresciani verso Tokyo: Alice Bellandi
Mamma Patrizia e papà Ugo giocavano a pallacanestro, lei aveva cominciato col calcio. Da piccolina però Alice ha capito che gli sport di squadra non facevano per lei. Così ha indossato il judogi ed è salita sul tatami.
Quindici anni più tardi il suo esordio al Judo Club Capelletti, Alice Bellandi approda ai Giochi olimpici. Un sogno che si avvera per la ventitreenne di via Cremona, nel frattempo trasferitasi a Roma e arruolatasi nella Guardia di Finanza.
In Giappone è arrivata da pochissimo, ma nel villaggio olimpico entrerà soltanto alla vigilia della cerimonia della cerimonia d’apertura. «Per strappare il pass ho dovuto aspettare la pubblicazione definitiva delle classifiche mondiali. Al termine della rassegna iridata di Budapest, dentro di me sapevo di avercela fatta, ma per cautela la Federazione ha aspettato i ranking finali prima di ufficializzare la squadra. Sono passate così due settimane nelle quali ero tranquilla di volare a Tokyo, ma non potevo esternare la mia gioia».
«Qualificarsi per i Giochi è stata una grande soddisfazione, il risultato di un lungo percorso per nulla facile, costellato di alti e bassi. Ero al top, ho avuto dei problemi, ma mi sono saputa rialzare». Per rigenerarsi Alice ha avuto il coraggio di cambiare guida tecnica nell’anno olimpico: «Non mi trovavo più in sintonia con Ylenia Scapin, perciò ho deciso di ripartire da zero, legandomi dal punto di vista tecnico con Antonio Ciano e Francesco Bruyere, il quale mi seguirà anche durante i Giochi».
«Nella mia testa c’è un solo pallino fisso: vincere la medaglia d’oro. Questo è il sentimento che mi guiderà nel torneo olimpico dei 70 chilogrammi». In una competizione molto aperta, in tante possono aspirare al podio: «Sulla carta la giapponese, la francese e l’olandese sono le rivali più toste, ma alle Olimpiadi le sorprese sono sempre in agguato». In Giappone Alice farà la sua ultima apparizione in questa categoria («Da settembre salirò ai 78 chilogrammi perché ormai fatico a restare nel peso»), nella quale potrà gareggiare due volte: il 28 luglio nella prova individuale, il 31 in quella a squadre.
«È la prima volta che ai Giochi si assegnano le medaglie per i team. Il nostro è uno sport individuale e tale rimane. È bello però che ci sia una doppia possibilità di medaglia, che consentirà di riscattarsi a chi avrà fallito la prima uscita». Ogni squadra schiererà tre maschi (73, 90 e +90 chilogrammi) e tre femmine (57, 70 e +70).
Passa il turno la Nazione che vince almeno quattro incontri su sei. «Se dovessi scegliere desidererei vincere la medaglia da sola, ma se dovesse arrivare il podio con la squadra sarei stra felice lo stesso. A ben vedere solo per il fatto che combatteremo dentro il Budokan, il tempio del judo, come lo è Wimbledon per il tennis, è già una cosa immensa, quindi posso ritenermi felice a prescindere».
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