Gravina: «Chiuderemo stagione, lavoriamo sul come»
«Ho massimo rispetto per la scienza e per chi ha la responsabilità di applicarla, ma non posso ammainare la bandiera. Lavoriamo sul come, non sul quando. Quando il Paese tornerà a vivere, quando ci saranno le condizioni per altri settori, tornerà anche il calcio. Lo dico una volta per tutte: il campionato va portato a termine. C’è tempo». Gabriele Gravina non ha dubbi: la stagione riprenderà, non si sa ancora quando e come, ma riprenderà.
«Decideremo insieme, responsabilmente - afferma in un’intervista rilasciata a Repubblica -. Respingo al mittente le accuse di chi vede nel calcio un mondo governato da interessi lontani dal contesto sociale del Paese. Al contrario, della nostra ripartenza beneficerebbe tutto il sistema. Penso allo sport di base, all’indotto e al valore sociale del nostro movimento».
Fermarsi e chiudere qui la stagione «darebbe inizio a una serie di contenziosi. Sul mio tavolo ci sono già le diffide di alcune società. E chi mi chiede di non ripartire non ha poi idea di come risolvere queste criticità. La Fifa ha tracciato la via: non comincerà la nuova stagione senza aver concluso prima questa. Non c’è una deadline per ripartire. Andremo di pari passo con gli altri campionati europei. Se ci faranno giocare a inizio giugno, abbiamo le date utili per terminare a fine luglio. A seguire, le Coppe. Se invece dovremo ripartire a settembre, chiuderemo a novembre. Per ritornare in campo a gennaio».
Non è escluso che si debbano cambiare i format dei campionati. «Valutiamo tutte le ipotesi. Una è organizzare le competizioni su anno solare con il coordinamento di tutte le federazioni europee. Altrimenti, dovremo chiudere la stagione a maggio prima dell’Europeo. Il campionato 2021 si potrebbe disputare in 5 mesi - afferma Gravina -. Ci sono delle idee sul tavolo, ad esempio una formula con due o più gironi e poi play off e play out. Misure eccezionali, solo per una stagione».
Il numero 1 del calcio italiano sa benissimo che giocare in città martoriate dal Coronavirus, come Brescia o Bergamo, sarà molto difficile. «E anche a Milano o a Cremona. Un campionato sotto il Rubicone, senza partite al nord, è una possibilità».
Prima le competizioni nazionali poi quelle europee. «Su questa linea abbiamo trovato piena condivisione da parte dell’Uefa. La tutela della salute è prioritaria, ma non si può pensare di bloccare sine die un intero continente». Il calcio sta subendo danni economici non indifferenti. «È appena arrivata la richiesta della Fifa di indicare danni e impatto socio-economico del virus sul nostro mondo. Con le altre federazioni abbiamo lanciato un grido d’allarme e la Fifa ha messo in campo risorse importanti. L’Uefa ci ha rappresentato di avere suoi problemi, avendo perso le risorse derivanti da un torneo come l’Europeo che si gioca ogni quattro anni. La preoccupazione che qualche squadra possa scomparire c’è, ma faremo in modo di accompagnare questo processo. Il nostro Fondo Salva Calcio è importante anche per questo».
Gravina riconosce l’importanza della Lega A, ma sottolinea: «La serie A è la locomotiva del calcio italiano, lo dicono i numeri. Ma per essere riconosciuta tale deve legittimare il ruolo indicando strategie e soluzioni. Per poter parlare di "sistema" dobbiamo far leva sulla solidarietà tra tutti i protagonisti per impostare nuovi rapporti».
Sulla cassa integrazione Gravina, «da imprenditore», afferma che «deve essere l’extrema ratio e non la soluzione primaria per affrontare la crisi». Il numero 1 della Figc non ha dubbi che il campionato verrà portato a termine, ma c’è chi vuole fermare tutto. «Non possiamo abbandonarci all’idea di perseguire convenienze di parte e mi dispiace ripetermi ancora una volta: dovremmo evitare di inseguire posizioni animate solo dalla tutela della propria convenienza».
Ed è anche per questo che Gravina non pensa alle elezioni federali: «Non è un argomento che mi appassiona in un momento di tale difficoltà. Sono concentrato su questioni più urgenti, in primis la sopravvivenza del sistema. E al completamento del processo di riforma interrotto dall’emergenza epidemiologica, per fare sintesi tra i diversi interessi di parte».
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