Giro d'Italia, l'ottimo Ciccone trionfa a Ponte di Legno
Il Giro d'Italia sale di quota, in tutti i sensi: arriva fin sopra il Mortirolo, riscende verso Ponte di Legno e, da complicato, diventa ancor più avvincente. Incerto e meraviglioso. Anche perché sono i corridori italiani a dare spettacolo: Giulio Ciccone si prende la mitica Montagna Pantani, a 1.854 metri di quota, e allunga le mani sulla sedicesima tappa; Vincenzo Nibali innesca la miccia sulla strada che sale fino al 18% verso il passo più temuto da chi va in bici (e non solo), scattando a 34 km dall'arrivo con una forza impressionante.
È una stilettata, quella dello Squalo, che provoca sconquassi e non passa inosservata alla maglia rosa Richard Carapaz che, prima di rispondere a colpi di pedale, chiede lumi alla propria ammiraglia. L'ecuadoriano è giovane, ma esperto: dimostra di saper gestire anche sotto sforzo le situazioni più complicate.
Come di consueto, si assiste a due corse: una per la conquista della tappa, che finisce appunto nelle mani dell'ottimo Ciccone, straordinario anche nella discesa dal Mortirolo a Ponte di Legno, senza nemmeno indossare la mantellina idrorepellente (gliel'hanno passato in cima tutta annodata e l'abruzzese l'ha lanciato via con un gesto di stizza); una per la classifica generale, che mette in palio la maglia rosa. In entrambe le graduatorie, l'Italia che pedala è vincente o comunque assai competitiva come non accadeva da tempo (il terzo posto Masnada lo conferma).
Il tappone con epilogo in Valcamonica, ai piedi del Tonale, era stato privato del Gavia (la Cima Coppi), ma ha riservato ugualmente emozioni e colpi di scena, con Primoz Roglic che ha dovuto cedere altri secondi a Carapaz e Nibali - d'ora in avanti lo sloveno dovrà correre in attacco e non più in difesa, se vuole ambire al primato - come nessuno avrebbe osato prevedere fino a qualche giorno fa. Oggi Roglic è arrivato 3'03" dopo Ciccone, a 1'22" da Carapaz e Nibali: tradotto in numeri, lo sloveno si trova a 22" dal siciliano e a 2'09" dalla maglia rosa. Se non un verdetto, quasi.
Roglic si è dimostrato molto forte e temerario nella discesa del Mortirolo, affrontata sotto il diluvio e con l'asfalto che sembrava pieno di sapone. Le sue acrobazie hanno prodotto un quasi ricongiungimento con il gruppetto di Carapaz e Nibali, che comprendeva anche Landa e Lopez. Nel falsopiano finale, però, lo sloveno è affondato, vedendo aumentare il proprio distacco e perdendo anche il secondo posto nella generale, ora occupato da Nibali.
Lo Squalo, lanciato da Pozzovivo, aiutato - forse tardivamente - dall'altro fido scudiero Damiano Caruso, è partito sulle prime rampe del Mortirolo e ha dato spettacolo con una fuga che colora la tappa e messo alle corde Roglic, più che Carapaz. Non è facile, del resto, staccare scalatori del calibro di Landa, Carretero e Carapaz, che corrono tutti per la Movistar e si aiutano a vicenda. Proprio come la Bahrain-Merida che, con Pozzovivo, Caruso, lo stesso Antonio Nibali, Squaletto al servizio del fratello maggiore, in un modo o nell'altro, creano lo scompiglio e preparano imboscate in ogni dove, sia che la strada salga sia che scenda. Nell'altra corsa, quella per la vittoria di tappa, Ciccone litiga a lungo con il ceco Hirt (partono anche dei chiari vaffa), che non tira e magari sogna il colpaccio a tradimento. Che, però, non gli riesce. L'abruzzese esulta con tutta la forza che gli resta e si gode la vittoria più bella.
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