Giro d’Italia con poca Brescia in cui spicca la «linea verde»
Prende il via oggi a piazza Castello a Torino, davanti allo scenografico Palazzo Reale l’edizione n. 104 del Giro d’Italia. Una cronometro nel cuore della capitale sabauda per celebrare i 160 anni dall’Unità d’Italia detterà le prime parziali gerarchie.
Ma Brescia starà un poco alla finestra in questo Giro: ignorato il suo territorio nel tragitto rosa con l’unica eccezione di Pozzolengo lambito il 27 maggio per la 18esima tappa, la Rovereto Stradella, avrà un solo atleta bresciano a difendere i colori della nostra terra, peraltro neoprofessionista come Filippo Tagliani.
Tutti a casa gli altri, l’ultimo dei quali il povero Alessandro Tonelli incappato in un test covid falso positivo, chi per scelta tecnica (vedi Sonny Colbrelli), chi per scelta etica del team (la Vini Zabù di Mareczko e Frapporti ha declinato l’invito dopo un caso di doping), chi ci sperava ed è rimasto deluso dalla mancata convocazione (gli scalatori Bisolti e Garosio e il passista Mattia Frapporti), chi infine appartiene ad un team neppure invitato (Damiano Cima e Cristian Scaroni).
Un solo bresciano al via di una edizione della corsa rosa è un record negativo: mai accaduto negli ultimi vent’anni e probabilmente mai nella storia recente del Giro (almeno dagli anni ’60). Speriamo che l’unico bresciano in gara porti in alto l’onore. Il 104esimo Giro, il secondo dell’era covid, è una corsa disegnata per accontentare un po’ tutti. Non così duro, almeno sulla carta, rispetto agli ultimi anni, con due sole crono, quella iniziale e quella finale, ma con chilometraggi in grado di fare poca differenza e si spera, assicurare maggiore equilibrio.
Rispetto agli altri anni c’è più spazio per i velocisti con alcune frazioni interamente piatte (e qui il rimpianto per l’assenza di Mareczko cresce ulteriormente), mentre per le salite, oltre al mostro Zoncolan e alle classiche Dolomiti, vi sono alcune salite inedite da scoprire. E veniamo ai favoriti del pronostico, vero tallone d’achille di questa edizione.
Pochi big, tanti giovani. Sulla carta i nomi ci sarebbero, ma più che la corsa rosa, sembra il reparto di riabilitazione di un ospedale. Nibali, vecchio alfiere azzurro al quale sono apposte parte delle speranze tricolori, arriva con un tutore al braccio per una caduta in allenamento; Bernal ha ancora mal di schiena e potrebbe lasciare il ruolo di capitano al russo Sivakov; Evenepoel torna a correre in occasione del Giro dopo il terribile volo al Lombardia dello scorso agosto. Se va come andava prima non ce n’è per nessuno, altrimenti c’è il suo compagno Almeida, tanti giorni in rosa lo scorso anno ma ora non più una sorpresa. Quello che appare star meglio è Simon Yates: evitasse di fare lo spaccone come nel 2018 è quello che ha più chance di vincere.
Poi c’è l’australiano Hindley che nel 2020 si è visto sfilare la rosa all’ultimo giorno, il francese Bardet per la prima volta al Giro, buon scalatore e ottimo discesista e il basco Landa che alla prova del nove pecca sempre in qualcosa. Sempre possibili le sorprese (vedi il Giro dello scorso anno) che potrebbero arrivare dal russo Vlasov e dal colombiano Tejada dell’Astana Premier Tech di Beppe Martinelli, dall’inglese Carthy della Ef Nippo e dall’ecuadoregno dell’Androni Cepeda.
Oltre al già citato Nibali, si spera nella maturazione del suo compagno Giulio Ciccone, mentre da seguire sono Fabbro della Bora, roccia Formolo e il giovane Covi della Uae, Ravasi della Eolo Kometa e il non più giovane Pozzovivo. Poi c’è super Ganna un po’ meno in spolvero negli ultimi tempi perchè pensa alle Olimpiadi di Tokyo e il recuperato Moscon. Gli azzurri se la cavano meglio come cacciatori di tappe come Ulissi, Battaglin e Visconti per citarne alcuni e i velocisti. Nizzolo e Viviani sono i portabandiera di un movimento probabilmente in una fase di transito. Velocisti.
Per le ruote veloci il pronostico va però in primo luogo ai funamboli degli sprint: il tasmaniano Caleb Ewan e l’olandese Groenewegen in corsa dopo la lunga squalifica per aver mandato all’ospedale Jacobsen al Giro di Polonia, il belga Merlier e l’olandese Teunisse la faranno da padroni. Indipendentemente dai protagonisti, il Giro è un passaggio cronologico fra la primavera e l’estate, una festa da vivere a bordo strada se non ci fosse l’incubo covid a tenere lontano i tifosi, un patrimonio nazionale che rende questa corsa un po’ speciale, la gara più dura nel paese più bello del mondo.
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