Fase 2 in bici per sport e attività motoria: cosa c'è da sapere
Ammettiamolo. L'abbiamo attesa per due mesi questa giornata. Perché, chiaro, se probabilmente pochissimi hanno smesso di usare le due ruote per andare al lavoro o per andare a fare la spesa, o comunque per quei pochi residuali spostamenti ammessi dalle limitazioni imposte dal coronavirus, tutti abbiamo dovuto accantonare sin dall'8 marzo la prospettiva di una bella sgambata da decine di chilometri, con un occhio ai watt e al contachilometri e l'altro all'orizzonte che si allarga sopra il nastro d'asfalto.
Qualcuno ha compensato con i rulli e col ricorso a piattaforme online per non perdere gamba, cuore e ritmo e quel po' di socialità di cui le due ruote sono fulcro. Qualcuno ne ha fatto uno strumento solidale (Martinelli docet). Per tanti è stata una rinuncia senza se e senza ma.
Sia chiaro. I problemi sono altri. Sono quelli che hanno affrontato medici e infermieri negli ospedali, malati in reparti di terapia intensiva o nel proprio letto di casa, famiglie lacerate da separazioni forzate e lutti, lavoratori rimasti senza impiego, imprenditori alle prese con uno stop che rischia di essere per molti persino definitivo. La bici che resta in garage impallidisce al confronto. Ma per un momento godiamoci questa ritrovata possibilità di praticare lo sport che amiamo, in qualunque forma lo si prediliga - in mountain bike sui sentieri o soffrendo in salita sull'asfalto, divorando chilometri in pianura o sulle strade bianche - ma proprio per questo, facciamolo bene. Come? Rispettando le regole. Dimostrando che la bici è più di un mezzo di locomozione o uno strumento per la pratica sportiva, piuttosto una scelta di vita. Che come tale richiede attenzione e senso di responsabilità.
Quelli da usare in sella per evitare di ritrovarci a fare magari i conti con nuove restrizioni in capo a pochi giorni. Ecco allora cosa è bene sapere per partire col piede giusto.
MASCHERINA. Chi già la usava per contrastare lo smog, non la troverà una novità così rivoluzionaria. Chi la indossa per la prima volta per la pratica sportiva può trovarla fastidiosa e limitante. Esperti di medicina o fisiologia dello sport come pure di biomeccanica potrebbero agevolmente spiegarne tutte le ragioni. L'utilizzo pareva inesorabile in Lombardia stante l'ordinanza che impone l'uso di mascherina (o in subordine altre soluzioni che coprano naso e bocca) per chiunque esca di casa in tutta la regione. Ma a poche ore dallo scoccare della fatidica mezzanotte del 4 maggio, Palazzo Lombardia ha emesso una nuova ordinanza (la 539) con cui esonera dall'uso della mascherina tutti coloro che sono impegnati nella «attività motoria intensa» (così recita il dettato dell'articolo 1). Ma la norma è altrettanto rigorosa nel richiamare all'obbligo di indossarla «alla fine dell’attività stessa e di mantenere il distanziamento sociale». In altre parole: la mascherina dobbiamo averla con noi, portiamola come portiamo sempre la borraccia, pronti a indossarla appena sganciamo il piede dal pedale per una sosta o a uscita conclusa.
DUE METRI. Parafrasando lo slogan coniato dal premier Conte, se ami il ciclismo, mantieni la distanza di almeno 2 metri da chiunque ti capiti a tiro. Pedalare da soli sarà dunque il nostro modo per dimostrare che chi va in bici sa rispettare le regole, ha a cuore la salute propria e altrui e sa cogliere i riconquistati margini di libertà senza prestare il fianco al rischio di un'ondata di contagio di ritorno. D'altro canto, l'obbligo normativo della distanza di 2 metri è previsto nero su bianco dal Dpcm del 26 aprile per tutti coloro che svolgono attività sportiva, ridotta a 1 metro per chi si limita alla attività motoria, ma in fondo, tanto varrebbe... Il distanziamento interpersonale è disposto contestualmente alla precisazione del fatto che l'attività motoria e la pratica sportiva sono ammesse solo in forma individuale (fatti i salvi i casi di accompagnatore per minori o persone non completamente autosufficienti). Altrettanto puntualmente viene ribadito il divieto di assembramento. Quindi, niente uscite di gruppo. E su questo punto vale la pena menzionare la sollecitazione che viene dalla Fci che per la pratica sportiva suggerisce ai ciclisti di elevare autonomamente la distanza interpersonale a 10 metri per scrupolo. Da ultimo, ricordiamo che le sanzioni in cui si rischia di incappare sono le stesse previste per la violazione di tutte le altre misure anti-Covid. Sono salate e possono ricadere nel penale.
DOVE SI PUO' ANDARE. Destinazione infinito? No, ma di certo il nostro spazio d'azione è apprezzabile, sempre che i muscoli intorpiditi dopo due mesi di attività a scartamento ridotto - nella migliore delle ipotesi - ce lo consentano. Il nuovo Dpcm, le cui misure sono valide sino al 17 maggio, non esplicita limitazioni di sorta all'attività motoria e alla pratica sportiva consentendole non più in prossimità dell'abitazione e anzi ammettendo la possibilità di far ricorso a mezzi di trasporto pubblici e privati per recarsi in luoghi destinati alla pratica sportiva. Unico limite invalicabile restano dunque i confini regionali. In questo senso risultano concordi anche le successive Faq del Governo e la circolare del Viminale ai prefetti, come pure le indicazioni della Federazione Ciclistica Italiana. Non solo: il Veneto per escludere la possibilità per i ciclisti di uscire dal territorio del Comune di residenza ha dovuto espressamente indicare il divieto nell'ordinanza emessa da Zaia dopo l'ultimo Dpcm, riprova indiretta che per tutti gli altri non c'è limitazione in tal senso. Massima cautela, dunque, soprattutto per chi, restando all'ambito del Bresciano, si spinge in zone di confine del territorio gardesano: anche pochi metri in territorio veronese o trentino potrebbero costare cari se si incappasse in un controllo. Attenzione: fin dalle prime settimane dell'emergenza molti comuni nei cui territori insistono ciclovie e percorsi ciclopedonali hanno provveduto a chiuderli vietando l'accesso. In queste ore diversi enti locali stanno disponendo con apposite ordinanze la riapertura degli stessi tracciati (è il caso, per fare qualche esempio, di Sarezzo per quanto attiene alla Greenway delle Valli Resilienti o di Brescia capoluogo per la ciclabile del Mella), ma prima di avventurarsi lungo un percorso e trovarsi poi a fare i conti con transenne e divieti, meglio informarsi online o telefonicamente prima di mettersi in sella.
AUTOCERTIFICAZIONE. Di fatto per chi resta nell'ambito della propria Regione non è più necessaria. Ma, specie nelle prime giornate di transizione dalla Fase 1 alla Fase 2 dell'emergenza, meglio portare con sé copia del nuovo modulo, a scanso di equivoci. Se qualcuno ce lo chiederà, saremo pronti ad esibirlo assieme alla nostra sensibilità di bravi cittadini. E, va da sé, assieme ad un documento di identità, che avremo pure portato con noi.
TEMPO E TESSERE. Le norme appena introdotte a livello nazionale e locale non pongono altri paletti: non ci sono ad esempio limiti di tempo per le uscite di bicicletta per chi fa sport o attività motoria, né è indicato alcun obbligo di tesseramento presso federazioni o enti del ciclismo.
IL DECALOGO DEI «PRO». L'Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani (Accpi) giusto sabato 2 maggio, in vista della Fase 2, ha pubblicato sul proprio sito un prezioso decalogo di consigli. Vale ovviamente per i pro, ma può risultare utilissimo anche per dilettanti e appassionati: ecco qui i suggerimenti.
CICLOFFICINE. La bici rimasta ferma per due mesi potrebbe aver bisogno di manutenzione straordinaria. Non è un caso che il Dpcm del 26 aprile, tra le attività interessate dalla riapertura, includa dal 4 maggio anche le ciclofficine (codice Ateco 95.29.02). +++AGGIORNAMENTO: con la firma di un nuovo decreto da parte del ministro dello Sviluppo economico Patuanelli, nella serata del 5 maggio è stato ampliato l'elenco delle attività ammesse alla riapertura. Tra queste figura anche il commercio al dettaglio di biciclette.
BICI PER USO NON SPORTIVO. Le Faq del Governo sono da questo punto di vista chiarissime: «L’uso della bicicletta è consentito per raggiungere la sede di lavoro, il luogo di residenza o i negozi che proseguono l'attività di vendita», fermo restando quanto previsto a livello generale in fatto di dispostivi di protezione e distanza interpersonale.
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