Eterno Cassarà: «Ora mi godo tutto»
Passano gli anni, le mode e le stagioni, eppure Andrea Cassarà è ancora li. Sempre al top, in un costante sali e scendi in cui ha trovato un punto d’equilibrio. «Perché più sali con l’età e più le medaglie te le godi», spiega il fiorettista di Cortefranca, 34 anni compiuti a gennaio, che è andato in Serbia per arricchire il suo già ricco palmares.
L’ultimo prezioso è arrivato a Novi Sad, con la squadra azzurra (insieme a Daniele Garozzo, Giorgio Avola e Alessio Foconi) d’argento agli Europei, battuta solamente in una finale combattuta dalla Russia. «Ma per me vale tanto pure il quinto posto nell’individuale, visto che sono uscito con il russo poi vincitore dopo un assalto lungo e combattuto, e pure per un arbitraggio permissivo. Sono tornato numero 5 al mondo e sono in crescendo: voglio andare avanti così fino alle Olimpiadi di Tokyo 2020».
A livello assoluto è la 29ª medaglia internazionale di Andrea Cassarà, che s’impose per la prima volta a Mosca nel 2002 (oro singolare e a squadre). Ma nel complesso i metalli portati a casa al di fuori dei confini italiani sono 39, comprensivi di Universiadi e competizioni giovanili. La prima medaglia messa al collo fu di bronzo, nel 2000, nel Mondiale per Cadetti a Southbank, vicino Chicago.
Insomma, a Novi Sad è come se Cassarà avesse raggiunto la maggiore età sportiva. Non una cosa da tutti. E non è detto che si fermi qui... «Quando ho iniziato non credevo di vivere una carriera così lunga, ma è talmente grande l’amore per questo sport che non riesco a fare calcoli. L’obiettivo è arrivare a Tokyo, ma non dico ora che quella sarà la fine della carriera. È troppo presto, solo allora vedrò il da farsi.
Adesso voglio alzare ulteriormente l’asticella e finire bene le ultime gare dell’anno, dopodiché voglio qualificarmi e disputare un altro mondiale (nella prossima estate, ndr) per poi fare un anno olimpico come si deve. Non dico che ora prendo tutto quello che viene, ma vivo con moltà serenità».
Il famoso equilibrio, che magari non si trova da ragazzini, quando l’esuberanza può tirare brutti scherzi o farti enfatizzare i trionfi: «Una volta era tutto una novità, poi sono diventato abitudinario per certe cose. Adesso vivo e mi godo ogni momento a fondo. Non credo ci siano ancora molte pagine da scrivere, ma spero che le poche siano belle e che poi ci sia un gran finale. Più vado avanti e più vivo il bello delle vittorie. Ho imparato a non ingigantire i successi, ma nemmeno le sconfitte. Credo di aver trovato il mio equilibrio. Ho iniziato a fare l’allenatore e farò quello in futuro, ma già ora riesco ad analizzare tutto con grande obiettività. È l’aspetto migliore di una carriera che voglio chiudere al meglio».
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