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Ecatombe sull'Everest: otto morti in due giorni

Non un’unica tragedia ma tanti incidenti autonomi che hanno vestito a lutto la montagna più alta del mondo.
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Sette morti in due giorni sull’Everest, otto se si aggiunge quello sulla cima gemella, il Lhotse. Non un’unica tragedia ma tanti incidenti autonomi che hanno vestito a lutto la montagna più alta del mondo (8.848 metri).

Nello scorso week-end hanno perso la vita i tedeschi Eberhard Schaaf (edema cerebrale) e Ralf Arnold (caduta), il coreano Song Won-Bin (caduta), la canadese Shriya Shan (mal di montagna), il cinese Wenyi Ha (mal di montagna) e lo spagnolo Juan Josè Polo (spossatezza). L’italiano Luigi Rampini, milanese di 69 anni, da quattro giorni è bloccato, senza viveri, a campo 3 (8.300 metri) sul versante nord: per gli alpinisti al campo base e i siti specializzati è da considerarsi morto.

All’elenco delle vittime in questo spicchio di Himalaya si deve aggiungere il ceco Milan Sedlacek, morto per spossatezza sul Lhotse.  Le cause dei decessi sono quasi sempre da collegare ai disturbi da alta quota.

Approfittando della prima finestra stagionale di bel tempo, tra venerdì e sabato in 150 - alpinisti e sherpa - sono partiti dai campi a oltre 8.000 metri per raggiungere la vetta. Una folla inerpicata sui ripidi pendii di roccia e ghiaccio che portano in cima. Quasi tutti ce l’hanno fatta, ma nella discesa hanno dovuto affrontare un forte vento (fino a 80
chilometri orari) che ha rallentato la marcia. Inoltre, nei punti-chiave della via si sono formate delle vere e proprie code, esponendo al gelo gli scalatori in attesa del proprio turno per passare. Tutti questi fattori hanno fatto sì che il tempo di permanenza nella cosiddetta zona della morte si sia dilatato. Molti hanno anche finito l’ossigeno supplementare. Alla fine il mal di montagna si è diffuso come un’epidemia e alcuni non ce l’hanno fatta, cadendo nel vuoto o accasciandosi tra i ghiacci.

Con questi decessi sale a 11 il numero dei morti nella primavera 2012 sull’Everest (ad aprile hanno perso la vita tre sherpa nepalesi e un alpinista indiano). Un bilancio pesante, tra i peggiori di sempre (nel 1996 ci furono 15 morti e 11 nel 2006).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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