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Duttile, sfrontato intenso: le coordinate del nuovo Brescia

A Ronzone si è lavorato molto per mentalizzare il gruppo in chiave propositiva e ultra offensiva
Brescia contro la Settaurense a Ronzone, nella foto Tom Van de Looi - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
Brescia contro la Settaurense a Ronzone, nella foto Tom Van de Looi - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
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Si procede per micro obiettivi e il primo è stato centrato: nel ritiro del Brescia a Ronzone Pep Clotet è riuscito a lavorare come desiderava, in maniera molto lineare e senza particolari intoppi eccezion fatta per l’infortunio occorso a Huard che ha tolto al tecnico catalano la possibilità di misurare le sue qualità. E non è cosa di poco conto visto che gli esterni per lo sviluppo delle idee di mister Pep giocano un ruolo decisivo.

Ma l’incidente di percorso è abbastanza fisiologico, da mettere in conto, pertanto meglio concentrarsi sulla panoramica globale offerta dalle due settimane che sono state le prime di vita di nuovo Brescia. Presto, prestissimo per addentrarsi in valutazioni e giudizi, ma certo a livello generale certamente è già possibile dare le coordinate del giovane Brescia che Clotet è chiamato a plasmare: intenso, duttile e sfrontato.

«Per me non esiste calcio senza la qualità che è più importante anche dell’esperienza» ha detto sabato l’allenatore. Ma in base a quanto abbiamo potuto osservare, per Clotet la qualità fine a se stessa non è comunque funzionale se non si regge su una condizione atletica di un certo tipo destinata a rilasciare «esplosività» strada facendo: all’inglese con il calcio del Regno Unito che al di là delle radici spagnole, è quello che ha segnato la formazione caratteriale di un allenatore che però ama anche il «bello». Laddove bello, come principio universale, nel calcio fa rima con offensivo.

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E in scena a Ronzone è andato anche un lavoro di mentalizzazione da questo punto di vista. Via la paura: la porta non è un nemico e va sfidata a tu per tu. Crederci sempre, provarci ancora di più. E se un senso le due sgambate (definirle amichevoli, in ragione dell’inconsistenza degli avversari, è pretenzioso) lo hanno avuto (ed è ovvio che un senso lo abbiano avuto), è stato quello di entrare in questa dimensione: quella dell’insistenza nel cercare la conclusione cercando anche la giocata, tentandola a costo di una brutta figura. Ne è uscito un ritratto da 31 gol in tutto fatti e solo uno subìto (su «infortunio» di Perilli): fan sempre morale, specie per chi arriva da una stagione segnata da una seconda parte di campionato all’insegna della fatica tremenda a trovare la via della rete.

Occorre non solo pensare molto veloci, ma eseguire altrettanto specie a centrocampo, dove sia Van de Looi sia Labojko - ad ora alter ego dell’olandese - stanno cercando questa evoluzione nelle loro caratteritiche. Qualcosa in questo senso abbiamo visto. Insieme alla duttilità di alcuni elementi che non a caso Clotet sta sperimentando per cercare di capire cosa possa essere meglio per loro e in che modo soprattutto possano eventualmente tornare utili. Galazzi se la giostra tra la trequarti e la mediana, Niemeijer tra la trequarti e un posto nello slot di punte e persino un «medianaccio» come Garofalo s’è dovuto adattare, per esigenze, a fare il terzino.

Troppo presto per giudicare, nel bene e nel male, chiunque. I giudizi, specie sui singoli dei quali non abbiamo «background» non possono che rimanere in sospeso in attesa di fase II del lavoro. È bello scoprire strada facendo, come sarà anche per il fiorellino del 2005 Patrick. Semmai, confermiamo che l’attitudine del gruppo al lavoro e il buon clima creatosi non sono rilievi effettuati da Clotet solo in favore di stampa e pubblico, ma è un giudizio convinto. Aspettando lo scorrere degli eventi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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