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Demoitié, il ciclista morto a 25 anni ultimo di una lunga lista

Ciclismo in lutto per la morte di un atleta 25enne, Antoine Demoitié durante la Gand-Wevelgem. E' l'ultimo di una lunga lista
Una immagine di Antoine Demoitié tratta dal suo profilo Facebook
Una immagine di Antoine Demoitié tratta dal suo profilo Facebook
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Antoine Demoitié, 25 anni, belga della Wanty-Groupe Gobert, ha perso la vita dopo essere stato investito, in seguito ad una caduta, da una moto dell'organizzazione durante la Gand-Wevelgem di ieri. Un altro belga, Wouter Weylandt, 26 anni, morì al Giro d'Italia 2011 dopo una brutta caduta nella discesa del Passo del Bacco, nella terza tappa.

L'elenco di corridori che hanno perso la vita sulla bici purtroppo si allunga ancora. Fermandosi alla sola Corsa Rosa il ciclista della Leopard Trek e' stato il quarto a morire sulle strade del Giro. Orfeo Ponsin perse la vita nel 1952, cadendo lungo la discesa della Merluzza durante la quarta frazione, la Siena-Roma.

Nel 1976 una caduta nel corso della prima tappa, ad Acireale, in Sicilia, costò la vita allo spagnolo Juan Manuel Santisteban, che andò a sbattere la testa contro un guardrail. L'ultima vittima prima di Weylandt fu Emilio Ravasio: al Giro del 1986 rimase coinvolto in una caduta di gruppo nella prima tappa in Sicilia, salvo poi rialzarsi e arrivare al traguardo. In albergo, pero', cadde in coma, spegnendosi due settimane dopo.

Ma sfortunatamente il triste elenco è lungo. Al Tour de France, per esempio, la prima vittima risale al 1935, lo spagnolo Francesco Cepeda, caduto in un burrone a Bourg d'Oisans mentre nel '67 si vive il dramma col britannico Tom Simpson, morto per un collasso sulla celebre salita del Mont Ventoux. E come ovviamente dimenticare Fabio Casartelli che il 18 luglio del '95, durante la 15esima tappa della Grand Boucle, cade nella discesa del Colle del Portet-d'Aspet, battendo violentemente la testa contro un paracarro. Inutile il trasporto in elicottero all'ospedale di Tarbes, col corridore che non riprende mai conoscenza.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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