Dal parquet al palco: Yelverton a Brescia tra jazz e basket
Un viaggio lungo quarantaquattro anni per trovare l’abbraccio di vecchi e nuovi amici: Charlie «Sax» Yelverton è tornato a Brescia. L’ha fatto a modo suo, con il sassofono in mano. Affiancato da ospiti speciali come Franco Bassini, Piergiorgio Cinelli e Andrea Bettini, ieri ha deliziato il numeroso pubblico presente all’Accademia musicale L’Ottava del quartiere Primo Maggio di Brescia. Non potevano mancare i ricordi, gli aneddoti e le storie da parte della ex guardia americana.
Dai campetti della Grande Mela alla scalata al professionismo, fino allo sbarco in Europa e il conseguente approdo all’ombra del Cidneo nella stagione 75/76, culminata con la clamorosa retrocessione in serie B. Una carriera ricca di emozioni, contrassegnata da tante amicizia: «Alla Rice High School - dove è sbocciata la sua carriera e dove riuscì nell’impresa di fermare un certo Julius Earving- avevo un forte legame con il povero Bob Lienhard (pivot transitato dalla Forst Cantù durante l’esilio all’Eib). Lì ci fu la chiamata al Draft, volevo andare a Milwaukee, ma quando mi chiamò Portland non esitai». Un avventura durata poco, pochissimo:«Era il periodo in cui era molto diffuso il razzismo. C’era la guerra nel Vietnam e io, a differenza degli altri, protestai, sedendomi durante l’inno nazionale americano».
Una scelta pagata a caro prezzo dal talento afroamericano. Quindi fu tempo di viaggiare verso l’Europa, con destinazione Grecia. «All’Olimpiakos riuscimmo ad arrivare in finale, ma la corruzione che in quel momento regnava in Grecia ci costrinse a perdere contro i bulgari del Sofia». I numeri di Yelverton convinsero quindi la Ignis Varese di Sandro Gamba a metterlo sotto contratto come «americano di Coppa» e proprio a Masnago arrivò il successo in Coppa Campioni.
Quindi, la successiva chiamata del presidente Pedrazzini a Brescia: «Sono venuto qui in A2 perché il presidente mi dava più soldi di quelli che prendevo a Varese. Quella maledetta partita di Bologna (dove Charlie decise di andare da solo e non con la squadra) la ricordo ancora bene, ma al netto di questo porto sempre nel cuore tanti amici bresciani come Rubagotti e Taccola. Oggi sono molto felice di essere qui, il jazz è la mia più grande passione, così come lo è stato fare il taxista».
Sì, perché nella vita di Yelverton c’è stato anche questo mestiere nella città che ancora oggi porta nel cuore, New York: «Le albe e i tramonti più belli sono lì. Fare quel mestiere è stata una delle cose più belle della mia vita, conoscevo tutti». Negli appassionati bresciani il ricordo delle gesta di uno dei più grandi americani visti al «ciambellone» è ancora lucido e vivo, come il saxofono che abbraccia e delizia i presenti. Thank you Charlie Sax!
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