Quella maglia del Brescia sulla bara per l'ultimo viaggio: «Grazie di tutto Carletto»
«Grazie di tutto, Carletto grazie di tutto». Un ultimo saluto da «stadio», un ultimo saluto dalla gente, la sua gente. Chiesa di San Francesco gremita, in piazza del Popolo ad Ascoli per l’addio a Carlo Mazzone, nei giorni scorsi omaggiato da tutti i grandi del calcio e che oggi ha ricevuto l’abbraccio popolare: sul feretro anche una maglia del Brescia dove ha regalato i tre anni più belli di sempre al club e dove ha potuto allenare i più grandi, Guardiola e Baggio che non ha partecipato alle esequie anche per evitare il rischio di poter anche solo fare ombra all’allenatore «che mi ha capito come nessuno». Baggio è stato comunque sempre in contatto con la famiglia negli ultimi due giorni.
In chiesa, tanti fedelissimi del Sor Carletto, in testa il suo capitano Alessandro Calori: «È così, con l’addio al maestro - le sue parole - si chiude un'epoca». Di quel Brescia che fu, c’erano anche Sussi e Giunti e lo staff completo: Menichini, Nicolini, Salvatori, Violìni con l’ex diesse Nani. Presenti anche Iachini, Cosmi, Novellino: allenatori della stessa pasta umana e verace che caratterizzava Mazzone. Omaggiato anche da Roma e Ascoli con le loro delegazioni.
E poi le corone di fiori di tanti club. Per il Brescia di oggi, ha voluto esserci Massimo Cellino con il team manager Edoardo Piovani legato a Mazzone da un affetto filiale: è toccato a lui consegnare la maglia delle rondinelle alla famiglia dell’allenatore trasteverino.
L’arrivo della bara, dopo l’accoglienza densa di commozione fuori dalla chiesa, è stato accompagnato da un lunghissimo applauso, così come all’uscita. In mezzo le parole dell’omelia per Mazzone definito: «Un bene dell’umanità. D’altronde - le parole degli officianti -, ha avuto il potere di mettere tutto insieme: tifosi di tutte le squadre, la politica le istituzioni».
E ancora: «È stato un grande e la sua grandezza era data dal fatto che sapeva “abbandonarsi”. Chi è grande davvero non ha bisogno di esibire il potere o di averlo, ma costruisce. E Carlo ha fatto questo. Lo stesso vale per la sua splendida famiglia, cementata da un matrimonio lungo 60 anni. Per lui la vita dopo il calcio era solo la famiglia e anche per questo, per questa sua riservatezza, che non è stata fatta la camera ardente».
Infine: «Lui ci ha insegnato che conta soltanto ciò che sei, non ció che fai. Dobbiamo dirgli grazie. Era libero, onesto e non aveva scheletri nell’armadio: ci ha insegnato molto». Prima della fine della celebrazione, hanno preso la parola i nipoti Vanessa, Alessio e Iole che, tutti e tre con la voce rotta, hanno ringraziato tutti coloro che hanno partecipato al loro dolore e hanno regalato un ritratto privato del nonno strappando qualche lacrima, ma anche qualche sorriso. «Grazie di tutto, Carletto grazie di tutto».
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