Calcio

Possanzini: «L’ultimo addio non scalfisce il mio amore per Brescia»

Il tecnico oggi guida il Mantova, e domenica sfiderà le rondinelle: «Non sarà una partita come le altre, ma farò di tutte per batterle»
Il sorriso di Davide Possanzini in conferenza stampa - © www.giornaledibrescia.it
Il sorriso di Davide Possanzini in conferenza stampa - © www.giornaledibrescia.it
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La partita del cuore, quella dove ti trovi davanti un pezzo importante di vita e di affetti. Quella dei tanti amici (e anche di qualcuno che amico non è), quella che ti fa dire «Brescia è una tappa fondamentale della mia carriera e quindi no, non è una partita come le altre: ma in campo dobbiamo essere professionisti, per cui devo batterlo».

Parole e musica di Davide Possanzini, uno dei capitani che resteranno nella storia delle rondinelle (e allenatore per 12 giorni...), ma oggi tecnico di quel Mantova che domenica aspetta Bisoli e compagni alle 15 al Martelli.

Emozioni e non

Possanzini nella sua breve parentesi da allenatore del Brescia - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
Possanzini nella sua breve parentesi da allenatore del Brescia - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it

«Sarei falso a dire che vado ad affrontare una partita come le altre a livello di sensazioni ed emozioni - racconta Possanzini -. Ovvio che poi mi devo staccare da tutto ciò, dalla questione emotiva, e mi sto concentrando solo su cosa fare domenica. Poi ovvio Brescia è stata la parentesi più importante della mia carriera, ho imparato tanto, ho tuttora un feeling speciale con la piazza con cui ho vissuto momenti splendidi ad altri meno. Tutto quello che c’è stato tra me e il Brescia, soprattutto dopo la mia "vita" da calciatore, è stato dettato dall’amore per quella maglia. Brescia me la porto nel cuore e l’affetto non può scalfirlo nemmeno l’ultimo addio. Sono cose che capitano in una carriera e poi in fondo detengo un record, quello di aver fatto l’allenatore per 12 giorni».

Ma si pente di aver accettato la panchina in quella occasione? «No, assolutamente, l’ho fatto per l’amore che provavo e provo per quella maglia, per quella squadra, per il bene del Brescia. Sentivo dentro di me che avrei potuto far qualcosa, dare una mano. Poi non è detto che ci saremmo salvati, ma in quei 12 giorni ho dato tutto quello che avevo e non ho rimpianti. Rifarei la stessa scelta anche oggi».

Il rapporto con Maran

Brescia 2005/2006 in corsa verso i play off, Possanzini in campo e Maran in panchina. La squadra è in zona play off, batte in casa 3-0 il Pescara, ma Corioni esonera il tecnico e per le 11 partite restanti punta su Zeman. Risultato? Due vittorie e fuori da tutto. «Se Maran fosse rimasto? Sono convinto che avremmo ottenuto la promozione, magari proprio con i play off. Avevamo perso una gara su 12 prima del suo allontanamento, ma ci sono cose che i calciatori non possono controllare e allora fu così, dovendo accettare la volontà di Corioni di cambiare».

Domenica saranno uno contro l’altro in panchina. «Lo stimo tantissimo, come allenatore perché so come prepara le partite, ma anche come uomo. Ha una gestione del gruppo spettacolare, mi ha trattato come un figlio a Brescia, facendomi sentire importante».

Ma Maran cosa ha lasciato a Possanzini? «Tanto, perché mi ha fatto capire come si gestisce un gruppo, ma anche a livello personale come rapportarsi con ogni singolo giocatore. E poi la spontaneità, il suo essere autorevole senza urlare».

La partita di domenica

«Gara tostissima, la rosa del Brescia è forte e soprattutto rispetto ad altre la società non si è nascosta a inizio stagione, parlando di serie A. Dovremo mettere in campo tutto ciò che abbiamo preparato sperando che sia sufficiente per regalarci tre punti. Poi ripeto, a livello emotivo sarà tutto amplificato dalle emozioni, ma oltre ad essere uomini è necessario essere professionisti. Dentro non ho sentimenti di rivalsa o di vendetta, so a chi voglio bene e a chi no. Ad esempio a Maran voglio bene, ma domenica siamo avversari e voglio batterlo».

Possanzini ha visto il derby tra Brescia e Cremonese, compreso il salto tra le rondinelle del primo e quelle del secondo tempo. «Il classico film della serie B, una squadra che domina dal primo al novantesimo devo ancora incontrarla. Conosco Brescia, ma mi ha colpito come la gente ha trascinato la squadra. I giocatori sembravano "dopati" da quell’entusiasmo, quasi spinti a fare pressioni incredibili proprio dalla gente. Poi nella ripresa un po’ per il 3-0 a favore un po’ per il ritorno della Cremonese è stata una partita diversa, ma fa parte del gioco. Alla fine mi è rimasta l’immagine di un gruppo che in ogni momento può farti male».

Amarcord

Delle ultime 10 sfide tra Mantova e Brescia al Possanzini ne ha giocate nove. L’ultima vittoria dei biancorossi in casa è del marzo 2007: gol, ebbene sì, di Possanzini per il Brescia e doppietta di Caridi per i locali. «Tra le due tifoserie c’è un gemellaggio bellissimo e anche domenica vivremo un clima speciale, ma in campo c’è sempre stata tanta rivalità. A volte agonismo pure sopra le righe. Mi ricordo le litigare con Cioffi e Notari, calci e pugni per novanta minuti. Gare complicate, come spero sia per il Brescia domenica».

Corioni e Cellino

Gino Corioni e Massimo Cellino
Gino Corioni e Massimo Cellino

Possanzini ha vissuto entrambi i presidenti: il primo da giocatore, il secondo da allenatore. «Totalmente diversi, seppur entrambi modello padre-padrone, non come le cordate di oggi. Lì il referente era ben chiaro e definito. Con Corioni ho avuto un rapporto quasi da padre a figlio, mi ha bacchettato spesso quando ce n’era bisogno. Con Cellino non ho avuto un rapporto così lungo come con Gino. Sulla mia esperienza in panchina con lui presidente, lo ripeto, ho dato tutto per il bene del Brescia. Ma sapevo che la mia fine potesse essere data dall’esonero, anzi ne ero quasi convinto. Facevo una battuta, ovvero di essere a scadenza breve. E così è stato».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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