Il Brescia se la gode: guarda indietro per il salto in avanti
Quello che ci siamo lasciati alle spalle, non è stato un sabato qualunque: è stato un sabato inzaghiano. Di quelli che ci stiamo abituando a vivere quando il Brescia, rimasto secondo da solo, gioca fuori casa. Con il godurioso blitz di Reggio Calabria, la banda con la «V» ha messo il cappello su un girone d’andata condito con 37 punti dentro i quali ci sono gli stratosferici numeri da viaggio: il beauty, è ripieno di 25 punti con media di 2.50.
Roba da record
E roba che messa tutta insieme, consegna - alla vigilia dell’inizio della fase discendente - una proiezione da serie A. Basta dare un’occhiata al passato, al «campione» degli ultimi cinque tornei cadetti che ci raccontano di come il salto sia possibile anche con meno di 70 punti: e la proiezione della squadra attuale, dice 74 punti. Sotto quota 70, al piano di sopra tre anni fa salì anche il Brescia di Eugenio Corini per quanto quella stagione fu quella delle partecipanti dispari: il torneo si disputava infatti a 19 squadre. Ma l’idea rende ugualmente.
Ed è talmente fresco il ricordo di quella cavalcata, che anche se ogni stagione è realmente un film a se stante, il richiamo dei raffronti diventa irresistibile. Il Brescia di allora a questo punto di punti ne aveva 32, era secondo come quello di oggi e con 35 reti aveva l’attacco migliore del campionato.
Considerazioni
Un «titolo» del quale fino a ieri poteva fregiarsi anche la squadra di Inzaghi che però è stata superata dal Benevento (33 gol fatti contro 32): ma va bene così dopo una domenica anche quella non qualunque col mezzo passo falso dei campani rimasti a -2 e con un’altra mezza frenata del Monza (a-5). Ma a questo punto, pure l’essere a -1 dalla vetta è ancora tutto un dettaglio.
Ed è la considerazione che viene da fare dando sempre uno sguardo alle ultime cinque stagioni cadette: c’è stato chi a quest’ora aveva più punti del Brescia, era primo o anche secondo, ma poi in serie A non c’è andato o c’è andato poi. Informazioni se ne possono chiedere al Monza di un anno fa e al Palermo di tre e quattro anni fa che si trovavano in pole salvo poi aver subito ritorno e rimonte. Ad esempio, in occasione delle loro ultime promozioni, a fine andata Lecce e Parma erano quinte. Oppure, l’Empoli che chiuse primo nel ’17-18 era terzo così come la Sapl nel ’16-17.
E così via. Spruzzatine amarcord che servono a tenere bene a mente che tanto, tantissimo (più dell’ipotizzabile a inizio stagione, francamente) è stato fatto, eppure è come se non fosse stato fatto niente. Casomai, sono state gettate basi solide - soprattutto grazie al fascino da conquistatori di terre straniere affinato in tutto il girone - per rendersi candidati primari alla promozione diretta. Però appunto, c’è che nel girone di ritorno inizia un altro campionato. E che non è una frase fatta lo dimostra l’annotazione di cui sopra: c’è chi da dietro, immancabilmente, riesce a inserire una marcia in più. Inoltre, quest’anno, è come se il Covid fosse la ventunesima squadra in ballo, quella che può rubar punti a tutte. Bisogna blindarsi, bisogna corazzarsi. E, nel caso del Brescia, bisogna fare uno step in più in casa dove la media è di 1,3: troppo modesta.
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Il tema c’è ed è serio. Tanto serio che Pippo Inzaghi, dimostrando lodevolmente di non essere un dogmatico integralista, ha preso in considerazione l’eventualità di effettuare un altro ribaltone tattico al sapore di «restaurazione» provando a riportare la squadra in quella specie di «comfort zone» che è il 4-3-1-2 dell’anno della promozione, ma anche della risalita della passata stagione. È il «modulo della casa» ed è una specie di coperta di Linus: alla quale si prova a restare attaccati anche per risalire la china casalinga. La sensazione è che a Reggio il Brescia sia ufficialmente entrato in una specie di «fase 3» della stagione, quella dell’assestamento definitivo dopo un riassetto dei rapporti interni che, alla fine dello scorso mese, hanno portato a riflettere, sulla definitiva strada tattica da intraprendere per dare una direzione alle strategie di gestione (l’inserimento di Karacic e l’esordio di Huard come segnali) oltre che di mercato. La felicità è un viaggio - e questo si sta rivelando bellissimo - ma anche una destinazione.
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