Caso scommesse, Cellino: «I veri colpevoli non sono i giocatori»

Tra lo scocciato, il dispiaciuto e l’impaurito. Oscilla tra questi tre stati d’animo il presidente del Brescia Massimo Cellino in relazione al caso scommesse che sta scuotendo, una volta di più, il calcio italiano che passa da uno scandalo a un altro senza imparare mai nulla dal passato, andando avanti quasi per inerzia, alla giornata. Del caso d’attualità, il numero uno del club di via Solferino ha accettato di parlare in una intervista che verrà proposta questa sera in prima serata su Teletutto, all’interno della trasmissione «Messi a fuoco».
Cellino è scocciato perché: «Il calcio italiano dovrebbe imparare prima di tutto a lavare i propri panni sporchi in famiglia. Come a esempio accade in Inghilterra dove c’è una federazione forte che tanto per cominciare è al riparo dagli attacchi politici». Tradotto: non come in Italia dove ministri e leader di partiti chiedono le dimissioni del presidente della Figc Gabriele Gravina. Ma Cellino è anche dispiaciuto: «Perché in questa vicenda delle scommesse è uscito il nome di Sandro Tonali che ora viene trattato, anche per via dell’invidia, come se fosse un brutto personaggio che fa del male alle persone. Ma il mio Tonali non è certo questo e siccome io so cosa significa essere additato come colpevole prima ancora che vengano accertati i fatti, non lo colpevolizzo e non punto il dito prima di sapere. Fatico a credere a tutto. Ha puntato sul Milan e sul Brescia? Io credo comunque che non lo abbia fatto quando era un nostro giocatore. E a ogni modo noi qui non abbiamo mai avuto sentore di nulla altrimenti avrei tentato di aiutarlo».

I timori
Ma Cellino è anche impaurito: «Perché sì: ho paura che il tema possa essere non circoscritto a tre nomi, ma che il problema sia molto più diffuso nel mondo del calcio. Ho chiesto anche ai miei dirigenti di interrogare i nostri calciatori per capire se qualcuno possa essere in qualche modo interessato dal tema. Se scoprissi che qualcuno dei miei scommette sul calcio, ovviamente denuncerei, ma in generale se qualcuno avesse il vizio del gioco provvederei a tagliargli le mani!».
E non possono chiamarsi fuori coloro che gestiscono i giocatori, le famiglie, gli amici, le fidanzate... Quanto a Tonali, vi racconto per esempio che io litigavo con lui perché non aveva la patente: qualcuno attorno a lui non voleva che la prendesse perché magari perdeva 1.000 euro al mese per fagli da autista. Comunque Sandro l’ho sentito in questi giorni: gli ho solo detto che la più bella bugia è la verità. Ovvero, gli ho consigliato di raccontare tutta la verità qualsiasi essa sia e di liberarsi di tutti i pesi che ha dentro, se ne ha. Solo così eventualmente quanto gli sta accadendo potrà considerarlo come un incidente di percorso per poi riuscire a ripartire».
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