Caos Brescia Calcio, 60 ore surreali: tutti i fatti, dall'inizio
Tante ne abbiamo viste fin dai tempi di Corioni, tante altre probabilmente ne vedremo. Ma certo, è difficile pescare nella memoria e negli annali un precedente che abbia anche solo una minima affinità con quanto è accaduto in 60 ore che sono state da film dell’horror, ma trash. Un incubo. Svegliandoci dal quale ci ritroviamo nella stessa situazione di due giorni e mezzo fa, di domenica sera poco prima le 22.
Ovvero Pippo Inzaghi è (forse) l’allenatore del Brescia e Diego Lopez un ricordo racchiuso tra l’inizio e la fine del 2020. Vorremmo poter dire che quello che abbiamo vissuto nelle ultime 60 ore è stato frutto dell’immaginazione, che forse non sarebbe nemmeno mai arrivata a tanto. Vorremmo anche poter dire che il Brescia non è uscito così malconcio a livello d’immagine dai fatti che si sono susseguiti in una maniera persino difficile da aggettivare. Vorremmo anche aggiungere, perché spiace parecchio, che non sia stata fatta una figuraccia estrema. Ma così è, anche se non vi pare. E forse non è ancora finita.
Il punto
Inzaghi-Lopez, andata e ritorno per due: potrebbe essere il titolo del surreality show andato dunque in scena in casa Brescia. Come se avessimo scherzato: Lopez non rientra, Inzaghi dovrebbe. E oggi alle 14.30 il tecnico piacentino esonerato-non esonerato potrebbe essere nuovamente al centro di uno dei campi del centro sportivo di Torbole Casaglia a dirigere l’allenamento e a preparare la partita contro l’Alessandria come non ha fatto lunedì e ieri. Quando là, in mezzo al campo ci sarebbe dovuto essere Diego Lopez, sostituto designato di Inzaghi al quale il Brescia aveva affidato la missione serie A con la convinzione che con mister Pippo si fosse arrivati a una specie di punto di non ritorno: non per i risultati (semplicemente incontestabili), ma per la mancanza di identità di una squadra ritenuta (anche) troppo appiattita su certi giocatori (come Palacio) a discapito di altri. Una squadra che inoltre in particolare nelle ultime 7-8 partite ha subìto una involuzione.
Inoltre, c’era da fare i conti con un cortocircuito nel rapporto tra l’allenatore e Massimo Cellino entrambi ormai arroccati sulle loro convinzioni e sempre diffidenti l’uno verso l’altro: nel post Cosenza, il pentolone del reale stato dell’arte s’è scoperchiato ed è uscito di tutto, compresa l’insofferenza sopraggiunta di Inzaghi in una situazione logorante. Il dado allora è stato tratto: via Inzaghi, nonostante agli occhi della squadra rispondesse a tutti i criteri di credibilità come il primo giorno. Ma non si vedevano prospettive.
L'astio contro Lopez
La clausola
Arrivati a sera, dopo ore di limbo in cui non si capiva che cosa non quadrasse, informalmente si veniva a sapere che «intoppi burocratici» erano stati risolti e che per ieri mattina tutto sarebbe stato anche ufficiale. Invece... Invece nulla. E frullava nella testa quella indiscrezione relativa a una non meglio precisata clausola contenuta nel contratto di Inzaghi che impediva di ufficializzare il suo esonero. Ma tutto pareva essere stato superato già nella serata di lunedì appunto.
Nel frattempo, a Torbole alle 10.30 comunque arrivava Diego Lopez. Notizie ufficiali a ridosso dell’inizio dell’allenamento delle 14.30? Nessuna. Ma ecco intorno alle 13.30 la clamorosa indiscrezione: Lopez rinuncia all’incarico, tornerebbe Inzaghi. Come una bomba. Contestualmente il Brescia indice una conferenza stampa del diesse Marroccu per le 16.30. Ed ecco iniziare a radunarsi fuori dai cancelli di Torbole piccoli gruppetti di tifosi fino a formare un capannello: tutti richiamati dalla voglia di sincerarsi di non essere di fronte a delle fake news. A indiscrezioni, seguono indiscrezioni e si alza il velo sulla famosa clausola contenuta nel contratto di Inzaghi: non può essere esonerato se il Brescia si trova nelle prime otto posizioni di classifica. Non è questione di pagare penali: l’esonero non è proprio possibile. Una cosa mai sentita nel calcio. Eccolo l’«intoppo».
I fatti
Il Brescia esonera Inzaghi, l’esonero viene certificato dalla Lega, ma Inzaghi fa valere prontamente la clausola bloccando così il tesseramento di Lopez in attesa di chiarimenti da parte degli organi competenti. È un pasticcio grosso, fatto anche di tecnicismi complicati in cui anche il Brescia, pur ricordandosi ovviamente della clausola pensa di avere delle ragioni. Si potrebbe forzare e poi magari vedersela in altre sedi, ma a quel punto prevale una forma di realismo: la strada è insidiosa, il Brescia è ormai in un vortice di critiche e prese in giro, e dall’altra parte c’è un Lopez rigettato dalla piazza e forse anche dalla squadra.
E c’è pure un Lopez che a sua volta è stordito da ciò che ha respirato e c’è pure il pericolo di una contestazione. Così tutti tornano sui loro passi. È ciò che nella conferenza stampa più difficile di sempre Francesco Marroccu prova a spiegare e ricostruire.
Cos'ha detto Marroccu
Non mancano momenti di tensione perché ormai ogni parola in una situazione sfuggita di mano può aggiungere un problema. Il dirigente praticamente si immola e tenta di dare una quadratura a una situazione informe. Marroccu annuncia il passo indietro di Lopez: «Che è un amico del Brescia ed è persona sensibile: in città non si è respirata buona aria per il suo rientro e dopo aver preso atto di tante reazioni tra social e stampa ha preso coscienza del fatto che il suo arrivo potesse essere motivo di non serenità e ha rinunciato... Qui aveva fallito come tanti altri allenatori, ma pensavamo potesse rivestire questo ruolo con me come figura nuova rispetto al passato in cui ha vissuto anche situazioni delicate».
Si chiede a Marroccu quanto conti la clausola antiesonero di Inzaghi e il diesse se la cava, per la serie dimmi che c’è una clausola senza dirmi che c’è una clausola: «Se la clausola c’è, appunto non è stato licenziato perché il suo licenziamento sarebbe stato nullo e comunque una notizia ufficiale non c’è mai stata».
I motivi dell’esonero di Inzaghi
«Qui c’è un presidente che non vive di risultati giornalieri ma che è lungimirante e col quale occorre sapersi misurare. Lo sapete che mi sono esposto per la permanenza di Inzaghi: dopo Cosenza ho smesso di supportarlo - ammette - perché allenatore e presidente non erano sulla stessa lunghezza d’onda e allora abbiamo fatto una valutazione sulla proiezione. Inzaghi deve collaborare con il club che non vuol dire che debba subirlo: solo ci vuole feeling. Per lavorare qui occorre essere resilienti e occorre essere pronti a triturarci tutti perché dobbiamo portare il Brescia in serie A».
«La strada però la traccia il presidente, non io e non l’allenatore che nell’ultimo periodo da tutto questo è stato sfiancato e forse c’è stato un po’ di stress. Ma lui non è un nemico e anzi in 4 mesi ci ho lavorato benissimo: a lui riconosco i meriti della grande partenza del Brescia. Dobbiamo andare - ripete come un mantra - in serie A e ogni mossa è orientata a questo. Come si riparte dopo questi giorni di imbarazzo? Con la strategia della serie A: non dobbiamo uscire a cena, ma lavorare. Possiamo rimettere tutto a posto. Ora chiamo Inzaghi». Ma al momento la squadra è virtualmente senza una guida tecnica.
Notte di nodi da sciogliere
Sarà solo la notte, come sempre nelle faccende del Brescia, a portare consiglio al presidente Cellino, che è tornato da Londra atterrando in tarda serata. Con Inzaghi c'è stato un incontro con Marroccu in sede e l'allenatore si è detto convintamente disposto a un ritorno, ma permangono molte perplessità perché il tecnico di fatto è stato sfiduciato. Nulla a questo punto può essere escluso, clausola o non clausola.
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