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Calcio, per Alice Pignagnoli «si può giocare, essere donne e madri»

Alessia Tagliabue
Durante un incontro in San Barnaba, il portiere della Pro Palazzolo ha raccontato della sua esperienza in campo, ma anche della disparità tra calcio maschile e femminile
Pignagnoli incontra 700 ragazzi
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«Io volevo solo fare la calciatrice». Inizia così la storia di Alice Pignagnoli: una vocazione trasformata in carriera, una dichiarazione d’intenti diventata poi il titolo di un libro, un sogno che ha richiesto lotte e sacrifici per diventare realtà. Ed è iniziato così anche l’incontro con i ragazzi di varie scuole superiori cittadine, presenti all’auditorium San Barnaba per ascoltare la storia di sport e vita della calciatrice, portiere ora in forza alla Pro Palazzolo.

Famiglia e carriera

Calciatrice, donna e madre in un equilibrio dove nessuna parte esclude l’altra: due figli – Eva, quattro anni, e Mattia, uno e mezzo –, un marito «con cui la domenica notte, suo malgrado, analizzo le partite, chiedendogli “ma Luca… so che è tardi, ma su quella palla dovevo uscire vero?”», due libri scritti, più di 300 partite tra i pali, uno scudetto vinto con la Torres, presenze in Champions League e 19 città in cui ha vissuto inseguendo il pallone.

Davanti agli oltre 700 ragazzi di vari istituti cittadini tanti i temi affrontati dalla calciatrice: le disparità contrattuali tra uomini e donne nello sport, i pregiudizi di genere affrontati in famiglia, le gravidanze e il capire come diventare mamma senza perdere la propria identità di donna e di sportiva «in un modo diverso da quello che avevo visto fino a quel momento».

Luci e ombre

Luci ed ombre, con i successi ad alternarsi a note negative come il trattamento della Lucchese durante la sua seconda gravidanza: tesserata, venne progressivamente messa fuori rosa fino all’arrivo a vie legali.

«Il calcio è solo un contenitore per tanti temi trasversali: le mie battaglie e le mie rivoluzioni sono per tutte le donne, ma non solo, abbracciano tutti coloro che vogliono inseguire i loro sogni», ha spiegato.

Le domande dei ragazzi

Tematiche che hanno risvegliato l’attenzione dei ragazzi, generando tantissime domande e interventi sul finale: calcio, sì, ma non solo.

Chi ha chiesto consigli sulla gestione del rapporto con la famiglia, chi come tenere a bada la rabbia post sconfitta o la tensione del gioco, chi quali sono le fonti di ispirazione della Pignagnoli sia in campo che fuori (la risposta? «Alessandro Del Piero e Gigi Buffon»), chi invece ha voluto puntare le luci sulle differenze nel mondo del pallone tra uomini e donne.

Gender pay gap

«Quando ho conosciuto mio marito io giocavo in Champions League, lui in Eccellenza: prendeva il 50% in più di me. Smettiamola di dire che il calcio maschile genera più introito economico: messe nelle giuste condizioni le donne riempiono gli stadi, in Spagna o in Inghilterra. È una questione culturale».

E cultura è anche quello che serve per cambiare le cose. «Le ragazze la rivoluzione l’hanno fatta fino a qua: adesso ci serve una mano da parte dei maschi, per cambiare un sistema che di fatto penalizza anche loro. Prima di me il congedo di maternità nel calcio femminile non esisteva, ma non esiste ancora in quello maschile: perché un calciatore non può fare il papà? Mio marito ne è l’esempio: alla gente che gli dice che è un ottimo "mammo" perché sta a casa mentre io mi alleno ricorda che i figli sono i suoi, e che io senza le mie passioni non sarei io. Mi chiederebbero la stessa cosa se lui fosse un calciatore e io stessi a casa con i bimbi?».

All’incontro erano presenti anche Flavio Bonardi, vice presidente di Albatros, associazione culturale, il presidente di 3Team Asd Gianfausto Peroni – tra gli organizzatori della giornata –, Anna Maria Gandolfi, consigliera di parità regionale, che ha invitato i ragazzi presenti a fare tesoro delle parole della Pignagnoli, e Luigi Mancini, direttore generale della Pro Palazzolo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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