Chi sono i giocatori con più presenze nella storia del Brescia
Dimitri Bisoli saltella da una giornata memorabile all’altra. L’avevamo lasciato a Bari, fuso in un abbraccio con papà Pierpaolo che ricorderà per sempre. E ora eccolo lì, pronto a scolpire ancora più in profondità il suo nome sulla tavola di pietra della storia del Brescia. Dopodomani, contro il Catanzaro, il capitano toccherà quota 299 presenze in maglia biancazzurra, agganciando al quinto posto della classifica all-time Marco Zambelli. E il prossimo traguardo è dietro l’angolo. Vediamo allora chi precede Dimitri in questa speciale «hall of fame».
Stefano Bonometti
Lassù, forse irraggiungibile (o forse no), c’è Stefano Bonometti: 477 gettoni totali con il Brescia. Per colmare il gap a Dimitri servirebbero poco più di cinque stagioni senza grossi intoppi fisici. Cuore da mediano, all’occorrenza terzino specializzato in marcatura francobollata sui grandi fantasisti dell’epoca, Bonometti ottenne a Brescia quattro promozioni e vinse – da capitano – il Trofeo Anglo-Italiano a Wembley nel 1994.
La sua epopea bresciana durò diciotto anni, dal 1978 al 1996, con una breve parentesi ad Ancona nel 1990. «Lasciai una società traballante dal punto di vista economico. C’era bisogno di sfoltire. Poi arrivò Gino Corioni e mi rivolle in città» ricordò ai nostri microfoni tre anni fa. Dopo l’addio al calcio giocato intraprese la carriera da allenatore: Allievi e Primavera del Brescia, poi Fiorenzuola, giovanili Inter e Montichiari. Nel 2011 tentò anche l’avventura da direttore sportivo a Mantova, conclusasi qualche mese dopo a causa di dissapori con la proprietà. Un capitano iconico per le rondinelle: «Aver giocato sempre per la squadra della mia città è un onore e un piacere. Anche se ogni tanto penso a come sarebbe potuta andare se avessi provato qualche altra esperienza».
Egidio Salvi
Settembre 2024, auditorium San Barnaba, cerimonia di consegna della Rondinella d’Oro a Bisoli: «Dimitri è una persona eccezionale, dai valori straordinari. Mi auguro che diventi una bandiera del Brescia, in un’epoca in cui sono essenzialmente scomparse». Parole che luccicano, quelle di Egidio Salvi. Uno che la maglia con la «V» l’ha vestita 467 volte in carriera. La traiettoria è simile a quella di Bonometti: diciassette anni in biancazzurro (dal 1963 al 1980), in mezzo un breve passaggio nell’ultimo Napoli di Sivori.
Con le rondinelle vinse una serie B nel 1965. Esterno d’altri tempi, un «7» nella sua accezione più antica. Dopo l’addio da calciatore e un’appendice in Eccellenza alla Romanese, Egidio tornò a Brescia da allenatore, con una trafila nel settore giovanile iniziata nel 1982 e terminata definitivamente nel 2013.
Andrea Caracciolo
Il soprannome che lo identifica, «airone», gli venne affibbiato da un giornale sportivo di Perugia. Fu quella la genesi dell’esultanza che l’accompagnò per tutta la carriera. Andrea Caracciolo, professore bomber di razza. E infatti, oltre a essere terzo nella classifica all-time delle presenze nel Brescia (418), è in vetta a quella dei gol segnati. In totale 179. Numeri impressionanti che accumulò in tre passaggi temporali, dall’esordio con Mazzone all’ultima gara nel 2018.
Non disse addio al calcio in biancazzurro, ma scelse comunque di non allontanarsi troppo da Brescia, trasferendosi prima alla FeralpiSalò e poi al Lumezzane, fino a diventarne il presidente. Siede al tavolo dei più grandi della storia delle rondinelle, non solo in senso figurato: a ottobre, nella magica reunion bresciana di Baggio e Guardiola, c’era pure lui. Icona tra le icone.
Antonio Filippini
La sfida in famiglia la stravince lui: 308 presenze totali con il Brescia, il gemello Emanuele si ferma poco oltre le 200. Bisoli annusa quota 300 e lo mette nel mirino. Salvo sorprese, lo supererà già in questa stagione. Il senso d’appartenenza li accomuna più dell’aspetto numerico: «Per un bresciano che è partito dalla Voluntas, vestire la maglia delle rondinelle significa realizzare un sogno. Giochi al Rigamonti, la prima volta non ti sembra vero. Il massimo. Poi per noi, che avevamo fatto anche i raccattapalle allo stadio, figuratevi…».
Fece incetta di presenze nella prima parentesi a Brescia, tra il 1995 e il 2004. Il ricordo più bello è il 3-0 al Bologna del 5 maggio 2002: «La salvezza, le nostre lacrime e quelle di Corioni, la dedica a Vittorio Mero» ricorda ancora commosso. E il più brutto? «L’1-1 col Psg che ci fece perdere la finale Intertoto dopo lo 0-0 a Parigi. Potessi la rigiocherei domani, saremmo andati in Coppa Uefa». Nella buona e nella cattiva sorte. Pure lui, un’istituzione di questa società.
Marco Zambelli
Per tratteggiare il sentimento che lega Zambelli al Brescia conviene partire dalla fine: le rondinelle battono in casa il Foggia e Marco, tornato a Mompiano da tesserato dei pugliesi, scoppia in lacrime nella zona mista del Rigamonti raccontando le proprie emozioni per il tributo della curva, che gli aveva dedicato uno striscione. L’addio, tre anni prima, era stato doloroso. E per Zambelli quell’abbraccio virtuale significò la chiusura di un cerchio, la riconciliazione con un capitolo irrisolto della sua vita da calciatore, quello più importante.
Le presenze, dal 2003 al 2015, sono 299. Una in più di Bisoli, che prepara l’aggancio. Dimitri a Bari ha segnato un gol partendo dalla fascia destra, il terreno di caccia preferito di Marco, terzino di corsa e disciplina. È bello immaginare che sia una sorta di segno del destino.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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