Beccalossi: «L’Europeo Under 19 parla chiaro: si dia spazio ai giovani»
«Una gioia immensa, bellissima, soprattutto perché inaspettata». Evaristo Beccalossi è uno dei tanti volti sorridenti della Nazionale Under 19, salita sul tetto d’Europa domenica scorsa dopo la vittoria in finale sul Portogallo. Un’Italia che con «Becca», Cher Ndour e Francesco Pio Esposito ha anche un accento bresciano, nel vero senso della parola. «Un giorno a pranzo durante il ritiro - racconta Beccalossi - ho sentito chiaramente qualcuno parlare in dialetto.
Mi sono girato ed era Cher Ndour. Ci siamo messi a ridere, è un ragazzo splendido al pari della sua famiglia. Devo dire che molti genitori hanno seguito la squadra ed è stato un bene. Senza invadere gli spazi, sono stati presenti nel momento del bisogno e quindi utili ai ragazzi come supporto oltre a quello dello staff».
Impegno
Beccalossi in Under 19 è capodelegazione, «ovvero colui che rappresenta la Federazione, il responsabile insomma della spedizione azzurra. Per come sono fatto sto molto coi ragazzi, ho con loro un grandissimo rapporto, molto diretto. A me, come a tutto lo staff, viene chiesto di seguire i giocatori a 360 gradi, che significa sia a livello tecnico sia a livello comportamentale, in campo e fuori».
Un ruolo che permette a Beccalossi di dare libero sfogo a due caratteristiche che lo hanno reso unico anche in campo: qualità e fantasia. «Quando uno dei ragazzi mi chiede qualcosa sul campo o comunque relativa al giocato, so cosa rispondere, è il mio pane. I cinque anni in azzurro però mi hanno insegnato tantissime cose, soprattutto che oltre ai ritiri, alle partite, alle spalle c’è un’organizzazione perfetta. E di questo devo dare merito assoluto a Maurizio Viscidi, coordinatore delle Nazionali giovanili, e ad Alberto Bollini, l’allenatore che ha portato questi ragazzi sul tetto d’Europa. È stato bravissimo».
Anche perché l’Italia Under 19 è venuta a capo di un percorso, diciamo così, ad ostacoli. «Vero, e la soddisfazione maggiore non è stato solo l’aver vinto, ma anche convinto. Abbiamo battuto Spagna e Portogallo, ovvero delle eccellenze a livello giovanile, ma siamo arrivati all’Europeo grazie a partite recuperate per i capelli, gol nel finale, sofferenze. Come una vera squadra insomma, un gruppo».
Parola chiave
È proprio questa parola, gruppo, quella a cui Beccalossi tiene particolarmente. «Il successo più grande è stato, domenica notte, quello di ricevere messaggi dai ragazzi esclusi dalla spedizione europea non per infortunio, ma per scelta tecnica. Hanno scritto a me come ai loro compagni, felici, segno che il seme giusto è stato gettato. Ecco perché il gruppo è stato fondamentale. Siamo andati in ritiro, quindi a Malta per l’Europeo, ma a nessuno è mai pesato passare tanto tempo insieme, anzi. Hanno percepito la serenità nello staff, il nostro lavorare sempre insieme e ciò ha creato feeling. Pure quando siamo stati duri, ad esempio dopo il 5-1 col Portogallo, anche se abbiamo giocato un tempo in dieci».
Cosa può cambiare adesso? «La realtà è che va data fiducia ai giovani, subito. Quando esordii nel Brescia a 16 anni non ne azzeccai una, ma nessuno pensò "questo a grandi livelli non può giocare". Bisogna dare spazio ai giovani, credere in loro, farli giocare pure in serie A se hanno qualità. Senza paura». Ma nell’era dei social, di internet, il gruppo dell’Under 19 sa chi è stato Evaristo Beccalossi in campo? «Mah... Un giorno uno dei giocatori mi ha chiesto: "Ma tu eri destro o sinistro?". Volevo dirgli oh bèlo, ma giustamente mi sono messo a ridere».
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