Attesa in giornata la sentenza del Consiglio di Stato: Brescia pronto a tornare in B
È durata tanto quanto un primo tempo extralarge del calcio di oggi. Un’udienza da 51 minuti il cui esito è atteso nella giornata di oggi. L’ultimo atto che separa il Brescia dalla riammissione in Serie B è andato in scena in un’aula romana del Consiglio di Stato affollata secondo il classico caos organizzato della giustizia amministrativa. Con il collegio che ha analizzato poco meno di un centinaio di fascicoli in una sola giornata. Prima di arrivare alle questioni che hanno infuocato l’estate pallonara sull’asse Lombardia-Calabria.
L’udienza per il ricorso della Reggina contro l’esclusione dal campionato di Serie B - preceduta da quella di Lecco-Perugia - doveva iniziare alle 10 poi alle 12.30, ma alla fine è cominciata alle 14.37. E il giudice relatore Gianluca Rovelli è stato subito chiaro. «La vicenda è chiara al collegio. Avete tutti depositato memorie e la discussione serve solo per aggiungere qualcosa sinteticamente». E le parti hanno rispettato il dictat: poche parole e posizioni immutate rispetto ai precedenti quattro gradi di giudizio sempre sfavorevoli calabresi.
Il pugno duro
I volti scuri di avvocati e tifosi amaranto all’uscita da Palazzo Spada sono la fotografia di quanto è emerso in udienza. A sorprendere è stata soprattutto la durezza del legale della Figc, favorevole come il Coni e tutte le società di Serie B, all’esclusione della Reggina. «Non è un problema della Federazione se la Reggina si è trovata in questa situazione economica. Il problema della Federazione è se si dovesse trovare a metà campionato una squadra in liquidazione. Qui - ha aggiunto - non si vogliono tenere presenti due dati: la perentorietà del 20 giugno, data entro la quale il club doveva rispettare le scadenze e non lo ha fatto e ci si dimentica che il 25 settembre c’è la discussione dei ricorsi contro la sentenza di omologazione del piano di ristrutturazione del debito approvato dal Tribunale di Reggio Calabria che non è definitiva. Nessuno in questa aula sa come finirà il 26 settembre. Anche per questo la Reggina non può iscriversi».
Il Brescia
Prima dell’avvocato della Federazione italiana gioco calcio aveva preso la parola l’avvocato Giacomo Fenoglio, del pool difensivo del Brescia. «La vicenda è più semplice di quello che sembra dagli atti. C’era una data entro la quale dovevano essere rispettate le scadenze. La Reggina non lo ha fatto. Non c’è altro da aggiungere dopo a quattro gradi di giudizio che hanno bocciato il club calabrese».
E se chi vuole fuori la Reggina e dentro il Brescia punta sull’ arcinoto termine perentorio del 20 giugno, dall’altra parte anche il club calabrese non ha mutato la propria posizione. «Siamo davanti ad una discriminazione e ad una vicenda che si basa solo sul formalismo. Forse c’è una politica sportiva contro la Reggina. Il club ha adempiuto a saldare gli obblighi fiscali nei termini imposti dal tribunale di Reggio Calabria che ha approvato il piano di ristrutturazione e che ha stabilito che il pagamento pagare entro il 12 luglio e lo ha fatto il 5» il pensiero dell’avvocato Fabio Cintioli. Quello che per le istituzioni del calcio e per tutte le società di Serie B è un termine perentorio, per la difesa reggina è puro formalismo. Questione di interpretazione.
Ad uscire dal quadro giuridico ci ha pensato il legale della Regione Calabria costituitasi in giudizio con il Comune e la città metropolitana. La carta della disperazione è stata quella di spostare la questione dal terreno delle norme a quello del sociale. «Senza la Reggina in Serie B come Regione Calabria perdiamo un introito dell’Irap per 117 milioni di euro che aiuterebbero la sanità. Stiamo facendo morire una società» l’intervento dell’avvocato Gianclaudio Festa. «I ragazzi del settore giovanile andranno in mezzo alla strada e in mano alla delinquenza e qui stiamo a soffermarci sul formalismo del 20 giugno. Ci sono calabresi in tutto il mondo che si chiedono come è possibile far morire una società senza debiti». Scena interrotta dal giudice relatore. «Conosciamo la questione sociale, ma il tema del processo è un altro». Oggi arriva finalmente l’ultima parola.
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