Altobelli nella Hall of Fame del calcio italiano: «Dopo il secondo anno a Brescia mi volevano tutti»
Un filo conduttore lega il Mundial di Spagna '82 alla Hall of Fame del Calcio Italiano, che con l'ingresso di Alessandro Altobelli va ad accogliere un altro dei protagonisti di quell'indimenticabile Mondiale.
Da Bergomi a Cabrini, da Tardelli a Paolo Rossi, passando per Zoff, Antognoni, Oriali ed Enzo Bearzot, «Spillo» ritrova tanti compagni dell'avventura più emozionante della sua carriera: «Ricevere questo premio - esordisce l'ex attaccante interista e della Nazionale, che passò anche dal Brescia Calcio tra il 1974 e il 1977 e poi dall’’89 al 90 - è una bella sorpresa e una grande soddisfazione. Non è da tutti entrare a far parte della storia del calcio italiano, servono sacrifici e bisogna farsi trovare pronti nei momenti cruciali. Devo ringraziare tutti i compagni di squadra dell'Inter e tutti i grandi campioni con cui ho avuto la fortuna di giocare in Nazionale».
Centravanti completo, dotato di un'ottima tecnica di base e forte nel gioco aereo, Alessandro Altobelli ha sempre avuto un particolare feeling con la porta, pur non riuscendo mai a vincere la classifica dei marcatori della Serie A. Il suo nome è legato indissolubilmente all'Inter, dove tra il 1977 e il 1988 ha collezionato 466 presenze, realizzando ben 209 reti e vincendo uno Scudetto e due Coppe Italia: «Dopo il secondo anno a Brescia mi volevano tutti: Milan, Juventus, Inter. La fortuna volle che il presidente del Brescia era Francesco Saleri, tifosissimo dell'Inter. Fu lui ad accompagnarmi a Milano per la firma».
Altobelli è stato un bomber di razza, uno dei migliori in circolazione. Ma la concorrenza era tanta: «C'era l'imbarazzo della scelta, basti pensare che uno come Pruzzo non veniva convocato in Nazionale. Dovevo vedermela con Rossi, Graziani, Pulici, Virdis: mamma mia quanti ce ne erano in Italia di attaccanti forti». E adesso dove sono finiti? «Il calcio è cambiato. Una volta le ali e i fantasisti giocavano in funzione dell'attaccante. Oggi non c'è più nessuno che fa un assist, l'attaccante non ha più aiuti». Dalla solitudine dei numeri primi alla solitudine dei numeri nove: «La maggior parte dei gol vengono dalle fasce, se non ci sono giocatori bravi lì ne risente anche chi deve buttare il pallone in porta».
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