Super Green pass per tecnici e giocatori: il dibattito s’accende
O mangi questa minestra o salti quella finestra, diceva un proverbio di qualche anno fa. Per lo sport italiano la data spartiacque è quella del prossimo 10 gennaio: da allora sì, per fare uno sport di squadra anche all’aperto (come il calcio, appunto) sarà necessario avere il Green pass rafforzato. Dunque o mangiare la minestra del vaccino (l’unica alternativa è avere fatto il Covid ed essere guariti negli ultimi sei mesi) oppure saltare la finestra ed essere destinati all’inattività. Tertium non datur, non ci sono scorciatoie o strade intermedie.
E il mondo del calcio dilettantistico si interroga. Inizialmente si era parlato di un obbligo da applicare soltanto ai professionisti e alle società di calcio iscritte a categorie di interesse nazionale, che annoverano dal 2021 anche l’Eccellenza e non più soltanto la serie D. Poi s’era parlato di applicarlo a tutti, ma escludendo solo i professionisti. Ora invece la novità con il decreto dello scorso 29 dicembre riguarda proprio tutti, fino alla Terza categoria e in generale chiunque faccia sport agonistico, al chiuso così come all’aria aperta.
Si scrive Green pass rafforzato, si legge obbligo vaccinale. Un tema destinato, proprio per la sua natura di imposizione per non finire fuori dal seminato dettato dalla legge, ad accendere focolai di discussione, mentre l’Italia affronta la variante Omicron osservando numeri crescenti nei contagi, ma per fortuna sotto controllo per quel che concerne ospedalizzazioni e Terapie Intensive.
Va detto, in premessa, che i tornei 2021-2022 in corso sono i primi dall’inizio della pandemia che sembravano vivere una relativa normalità: il 2019-2020 terminò bruscamente a febbraio; il 2020-2021 visse una falsa partenza a ottobre, salvo rimangiarsi (e bloccare) tutto ad eccezione della serie D (regolarmente conclusasi) e di una Eccellenza rivisitata con una formula sprint; il 2021-2022, sin qui, mette in conto rinvii concentrati quasi tutti nel mese di dicembre prima dello slittamento delle prime due giornate del ritorno deciso a cavallo del Santo Natale.
Prima la zona milanese e brianzola, poi altre parti della Lombardia colpite. Già, ma di quante partite rinviate parliamo in provincia, dato che sono poi i numeri a rendere l’idea? Dieci gare in serie D (ma soltanto una tocca una bresciana, il DesenzanoCalvina); due partite in Eccellenza; due in Prima categoria; quattro in Seconda. Regolari la Promozione e la Terza categoria.
Senza dimenticare i vari turni di Coppa Italia o Coppa Lombardia. Insomma, una situazione assolutamente sotto controllo che premia la scelta, dove è stata presa, di organizzare gironi più corti e più facili da incastrare nel calendario. Aggirato. Il vero problema, casomai, era quel paletto imprescindibile che voleva il girone d’andata necessariamente giocato per intero, senza lasciare indietro alcun pezzo, prima di iniziare il ritorno: problema già aggirato visto che i recuperi sono stati fissati dal 26 gennaio.
Ecco allora che, in un momento ancora ampiamente gestibile almeno per lo sport all’aperto, il Governo ha pensato di introdurre l’obbligo vaccinale, per evitare derive di qualsiasi genere. Partendo da un presupposto: il vaccino funziona. Il virus si prende anche da vaccinati, ma è molto difficile ammalarsi in modo serio. Già, ma se la parola «obbligo», da sempre e in ogni settore, viene guardata con diffidenza (quando non con rabbia), cosa ne pensano i nostri club?
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