Brescia, un girone intero per sfatare il tabù secondi tempi
A volte passano inosservati, altre volte sono visti, appuntati, ma restano comunque poco considerati. Soprattutto nei momenti «sì» perché in tempi buoni, di botte piena, la luce illumina aspetti più evidenti e concreti: ovvero la sostanza. Mentre i piccoli segnali vengono tralasciati, trascurati. Il momento. Ma adesso siamo in tempi di magra, magrissima: e quei dettagli, quei segnali, sono pronti a trasformarsi nella sostanza alla quale aggrapparsi. Per non farsi oscurare del tutto la vista da quei nuvoloni che incombono nel cielo del Brescia. Un Brescia che pensando alla sua «finale» col Genoa per accorciare a -5 sulla salvezza, si fa forza e fa leva su tutto l’immaginabile per continuare nonostante tutto a coltivare la speranza su un terreno che resta difficile da dissodare, ma sul quale un germoglio è spuntato. Per una squadra che soprattutto nelle ultime settimane aveva trovato soltanto segnali negativi sulla sua strada (la faccenda Balotelli, gli infortuni di Chancellor, quelli - seppur rientrati - di Tonali e Sabelli, di Alfonso, l’incredibile ko di Bisoli), focalizzarsi su un piccolo aspetto positivo può aiutare l’autostima. Un lungo prologo, per arrivare al sodo: quel piccolo segnale è arrivato dalla partita di Firenze insieme al punto che è servito per spostare la classifica da 16 a... 16+1 punti (a questo punto aggrappiamoci pure alla scaramanzia...). I secondi 45’.
Di cosa parliamo? Di un Brescia che per la prima volta in un intero girone, non ha subito gol nei secondi 45 minuti di gara considerando tutti i match persi o pareggiati fin qui. Da Brescia-Fiorentina (0-0) del 21 ottobre scorso a Fiorentina-Brescia dell’altroieri, le rondinelle avevano (chiaramente non nelle uniche due partite vinte, e a 0 gol presi, cioè Spal-Brescia (0-1) e Brescia-Lecce (3-0)) sempre dovuto raccogliere palloni in fondo al sacco nelle seconde frazioni di partita. Preferibilmente - si fa per dire - negli ultimi minuti. Alla luce di questi grandi numeri, una porta - quella di Joronen - rimasta inviolata dal 46’ al 96’, non può di questi tempi non essere inquadrata sotto la luce di un segnale positivo. E se si vuole obiettare che la stessa sia rimasta immacolata anche per questione di fortuna (leggasi centimetri, come quelli del pallone crossato da Chiesa per la conclusione vincente di Vlahovic che aveva di pochissimo superato la linea di fondo prima di giungere all’attaccante serbo dei viola o alla traversa colpita da Pezzella), beh, allora possiamo vederla come un altro segno positivo. Come, sotto questo aspetto, la vedrebbe certamente lo scaramantico Cellino.
Segnali. Una costante divenuta sentenza ben 18 volte nelle ultime 20 e che spesso (vedasi a Marassi con il Genoa e a Parma, come a Mompiano con Lazio, Cagliari, Udinese e Napoli) ha annichilito i sogni di vittoria di Gastaldello e compagni, costretti a subire la remuntada. Secondi tempi che, a differenza dell’anno scorso quando furono spesso determinanti per le gioie biancoblù, hanno sovente affossato il Brescia, relegandolo di fatto in quel posticino infimo della graduatoria da dove è difficile scorgere ancora quel tenue spiraglio di luce. Quello che questi piccoli, spesso inosservati, segnali ai quali aggrapparsi, fanno intravedere. Nel grigio plumbeo di un cielo ostile.
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