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Brescia in campo senza la prima maglia. Ecco perchè

Il simbolo storico ostaggio di un contenzioso tra la vecchia proprietà e una società di leasing. Ma potrebbe esserci una soluzione
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La Leonessa ruggisce. In un cassetto. Lì dove da quest’estate è finito il marchio storico del club di via Bazoli e la prima maglia, mai utilizzata per evitare per un contenzioso.
 
Passerà tempo prima di rivederlo sulle maglie con la «vu» bianca sul petto e ancora non è certo che sul cuore tornerà quel simbolo ultracentenario. Il marchio è dal 2006 nelle mani della Selmabipiemme Leasing spa, società del gruppo bancario Mediobanca in virtù di quella operazione finanziaria che la famiglia Corioni aveva concluso per portare soldi freschi nelle casse del club. Qualcosa come 20 milioni di euro che diedero ossigeno ai conti. Poi però con il tempo la vecchia proprietà si trovò impossibilitata a pagare le rate del leasing ed il marchio non è più tornato nella disponibilità del Brescia calcio, che resta comunque l’unico soggetto che può utilizzarlo. 
 
La vicenda che più interessa dalle parti di via Bazoli è quella legata al marchio del 1911, anno della fondazione del club. Il logo al momento è strettamente collegato al futuro della Brescia service, la società che all’epoca dei Corioni controllava il Brescia calcio e intestata ad Antonella, la figlia maggiore dell’uomo di Ospitaletto, scomparso lo scorso 8 marzo. 
 
Il simbolo della Leonessa è imprigionato nelle maglie di una società in liquidazione che sta provando ad evitare il fallimento. La partita è nelle mani del liquidatore Giovanni Doga che si sta confrontando con tutti i creditori, Stato in primis. Una situazione intricata nella quale si inserisce il discorso del marchio che il Brescia calcio è disposto a ricomprare, ma a determinate condizioni e attraverso una procedura certificata dal tribunale. 
 
Non si sta parlando del titolo sportivo, ma esclusivamente del simbolo. L’attuale proprietà potrebbe spingersi fino a otto milioni di euro, vale a dire la stessa cifra che Brescia service deve versare per l’Iva, ma finita sul conto del Brescia calcio. In sintesi si tratterebbe di uno scambio: con gli otto milioni che il club gira a Brescia service quest’ultima regola la posizione con lo Stato e in cambio restituisce il marchio del 1911 alla società oggi presieduta da Alessandro Triboldi.
 
Senza un accordo in questo senso il club potrebbe decidere di abbandonare il tavolo e lasciare Brescia service al proprio destino. Ovvero il rischio concreto di fallimento. Nel qual caso il marchio resterebbe senza padrone né utilizzatore. 
 
La questione sarà questa sera tra quelle al centro della puntata di Parole di Calcio in onda sul Teletutto, canale 12 del digitale terrestre, dalle 20.30 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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