Sport

Brescia ha imparato a giocare a goalball e a battere i propri maestri

Volontà e condivisione distinguono la disciplina acquisita dall'Omero Bergamo, poi superato
I bresciani della Leonessa - Foto Germano Titoldini
I bresciani della Leonessa - Foto Germano Titoldini
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Ve l’immaginate l’Atalanta che rinuncia a Gasperini perché possa dare una mano al Brescia? È quanto avvenuto, pur in un contesto molto diverso, nel goalball, sport riservato ad atleti con problemi visivi in cui da tempo domina l’Omero Bergamo, che non perde una partita da ben cinque stagioni. Quando anche nella nostra città alcuni appassionati si sono avvicinati alla disciplina è stato Gabriele Gervasoni, da sempre nello staff tecnico degli orobici, a insegnar loro le regole e a condurre i primi allenamenti. Durissimi da affrontare, all’inizio, ma che hanno poi consentito, pochi mesi dopo, di iscrivere la squadra al massimo campionato. Cominciato il torneo con 4 sconfitte su 4 nel primo concentramento, già al secondo la Leonessa è riuscita a cogliere la prima vittoria, proprio contro la seconda squadra dell’Omero. I cui giocatori sono stati i primi a complimentarsi.

Storie comuni nel mondo paralimpico, dove la condivisione dei problemi stimola ad aiutarsi l’uno con l’altro, fanno ancora più effetto in due città storicamente rivali. «Qui non c’è l’antagonismo di altri sport - sottolinea Gervasoni - perché vedere crescere nuove realtà fa bene all’intero movimento».

Lo sport

Geniale nella sua semplicità, facile da capire, molto impegnativo per chi lo pratica, il goalball è lo sport ideale per i non vedenti. Si gioca in palestra, somiglia per certi versi alla pallamano, anche se non ci si passa mai la palla (percepibile attraverso dei sonagli) e non vi sono contatti fisici perché gli atleti sono ben distanziati l’uno dall’altro. In campo si va tre contro tre, l’azione comincia con un solo giocatore in piedi che, per fare gol, deve tirare verso la porta che copre l’intera larghezza del campo (9 metri) difesa da tre avversari a terra. Per evitare ulteriore rischi, la sfera - che pesa oltre un chilo e non può essere tenuta in mano più di dieci secondi - deve rimbalzare almeno una volta nei primi sei metri del campo, che misura 18 metri.

La spettacolarità dello sport sta nella sua estrema vivacità, perché i due tempi di 12 minuti sono di gioco effettivo. Però il match può finire anticipatamente se una squadra va sotto di 10 gol. Al Brescia, nelle prime uscite, è successo più volte. I rapidi progressi hanno poi portato a sconfitte meno pesanti.

Un momento di una partita di goalball - Foto Germano Titoldini
Un momento di una partita di goalball - Foto Germano Titoldini

La svolta nel week end disputatosi a Grumello del Monte (Bergamo), cominciato con l’ennesimo ko per manifesta inferiorità contro Torino (6-16) prima dell’orgoglioso finale nella prima sfida contro l’Omero B., con la rimonta non completata da 7-11 a 11-12. «Qui è scattato qualcosa - racconta il presidente-capitano Sarwar Ghulam - specie quando, a fine partita, l’allenatore ci ha fatto capire che la nostra era stata una grande chance sprecata, perché avevamo per lunghi tratti giocato meglio».

Il mattino dopo, nuova sfida contro la stessa squadra e netta vittoria (20-12) di Brescia, la prima in campionato. Festeggiata in silenzio, nel rispetto di chi era impegnato  nella partia successiva, perché nel goalball, se vuoi aiutare davvero chi sta in campo, non devi dire una parola affinché possa sentire i sonagli della palla. Lo stesso devono fare gli spettatori.

Il tifo

Si può esultare per un gol fino a quando l’arbitro non ordina la ripresa del match. Ed è magari frustrante quando noti Qadeer Ashgar, che in posizione di difensore centrale ha parato tutto, non accorgersi che stavolta la palla, dopo una sua deviazione, sta rotolando in rete. Tu, tifoso, non puoi avvertirlo, perché fa parte delle regole. «Giusto così - sottolinea Qadeer che, nonostante l’handicap visivo, pratica ogni tipo di sport –, perché dobbiamo imparare a cavarcela senza aiuti. È quello cui da sempre ci costringe la nostra condizione».

Gabriele Gervasoni (con la fascia rossa) durante un time out - Foto Germano Titoldini
Gabriele Gervasoni (con la fascia rossa) durante un time out - Foto Germano Titoldini

Alla Leonessa, però, non si sentono mai soli. Attorno agli atleti si sta formando un gruppo di lavoro. Accanto a Gervasoni c’è Usman Mohammad, pronto a rilevarne il ruolo quando avrà conseguito il tesserino di allenatore. E poi c’è Anthony Arteaga, preziosa guida vedente dei compagni, che all’occorrenza, bendandosi il volto può entrare in campo. Gli amici più stretti, però, Brescia li ha proprio a Bergamo: per imparare il goalball si è rivolta ai migliori di tutti, che non hanno rifiutato il loro sostegno, confermandosi campioni anche fuori dal campo.

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