Brescia come i Radiohead: adesso stiamo tutti calmi
Perché i Radiohead decisero di intitolare il loro secondo album «Malattia da decompressione»? Questa, in soldoni, la traduzione di «The Bends».
La Malattia da decompressione è quel tipo di patologia che può colpire i sommozzatori dopo un’immersione. I sub si ritrovano ad avere delle specie di «bolle nel sangue». Tra i sintomi, ci sono pure forti vertigini. Insomma, il corpo va in stato di shock dopo una grande fatica.
Thom Yorke e compagni scelsero questo titolo per rimarcare come il gigantesco successo del loro primo disco, «Pablo Honey», del 1993, li avesse sballottati e provati. E come la seconda prova, quella in cui erano chiamati alla riconferma, li cogliesse in uno stato di confusione e potenziale debolezza.
Il post Brescia-Lecce (qui tutto quello che c’è da sapere) suscita quest’immagine. Il popolo biancoblù si risveglia in posizione «serie A diretta», in attesa di Verona-Pescara, posticipo del lunedì. Si guarda la classifica e non ci si crede.
Il punto è che, adesso, bisogna crederci. E, per non farsi travolgere dalle «Bends», è anche bene ragionare sulle cose che possono essere migliorate o implementate. Perché, va detto chiaro e tondo, il secondo posto non deve essere meta di una gita turistica. Va difeso e va fatto diventare «casa».
Ecco una lista semiseria di spunti post Brescia-Lecce, su ciò che può essere migliorato e su ciò che potrebbe preoccupare.
LA CATENA DI SINISTRA
A destra l’accoppiata terzino-mezzala formata da Sabelli e Bisoli è molto ben oliata. Ed è una vera e propria arma in più in fase offensiva, con l’ex Bari che spesso si trova addirittura in posizione più avanzata rispetto a Dimitri. Non vale lo stesso per la mancina, dove agiscono Mateju e Ndoj. Attenzione, entrambi positivi domenica notte (e chi non lo è stato?), ma meno sciolti nel far fluire l’azione. È un dettaglio, ma la serie A la conquisti proprio con i dettagli.
PANCHINA ULTRA-LIGHT
Il Lecce aveva ben quattro uomini in più del Brescia in panchina. Questo non ha impedito alla squadra di Corini di battere e superare in classifica i pugliesi. Però, attenzione. Perché il campionato è lungo e, specie a causa di infortuni e acciacchi, trovarsi in emergenza pesante è un attimo. Non per niente Eugenio ha effettuato un solo cambio, contro i tre del Lecce. Ed è stata una piccola scommessa, con il giovanissimo Cortesi al posto di Morosini al 40’ della ripresa. È vero che lo zoccolo duro dei titolari è un orologio, ma nel big-match del Rigamonti la squadra è rimasta la stessa per 85 minuti. Ed alla fine era pure un po’ stanca. Se ne parla da tempo, ma - anche da un punto di vista prettamente numerico - non si può combattere per la A con un organico poco ampio.
LE MANICHE CORTE DI ALFONSO
No, Enrico. Va bene tutto, ma cerca di coprirti un po’. Le maniche corte al 16 di dicembre in una notte artica non sono un azzardo? L’infermeria è già piuttosto affollata. Una maglia termica non farebbe male.
TIRI MASTICATI
Spalek ha alcuni meriti, uno dei quali è aver coraggio su quella palla vagante che cerca di spedire in porta, e che verrà corretta in rete da Donnarumma per l’1-1. Lavora tanto, ma ha il vizio di perdersi un po’ nel momento della rifinitura dell’azione e della conclusione. Ma fa il trequartista, e da quei piedi potrebbe nascere pure qualche gol. Stesso discorso per Ndoj, altro autentico road-runner del Brescia. Tutto bene fino al momento della conclusione, che viene spesso masticata.
CHI TENEVA LA MANTIA?
Attenzione in difesa. La Mantia ha depositato in rete incontrastato. La difesa se l’è perso troppo facilmente. Le amnesie si pagano, proprio come era accaduto a Venezia.
PERICOLI DALLO SPAZIO
Abbiamo concretamente paura per Donnarumma, capocannoniere del torneo con 14 centri. È ormai comprovato che non è umano. Cosa succede se di colpo lo rivogliono su Marte e lo vengono a prelevare con un’astronave?
Che il Brescia possa restare sul pezzo, e non «sballato e nei guai». Come cantavano i Radiohead, in «High And Dry», da «The Bends».
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