Germani: Dowe il play forgiato da guerre, paura e mille peripezie
Può capitare che la pallacanestro diventi per un istante un «di cui». Magari anche nel corso del tradizionale appuntamento con la trasmissione Basket Time, in onda su Teletutto. Ieri sera l’ospite era Chris Dowe, playmaker della Germani (è arrivato in estate, lo scorso anno era a Tortona).
Ha naturalmente parlato delle due vittorie dei biancoblù in altrettante gare, e della prossima sfida, in programma dopodomani, domenica, ad Assago, contro l’Olimpia Milano.
Ma, anche a margine della trasmissione, ha soprattutto raccontato la propria storia. Alcuni recenti capitoli sono stati assurdi. Dal rocambolesco ritorno negli Stati Uniti nel 2020, quando si trovava in Polonia ed era scoppiata la pandemia, passando dalla paura ad Haifa, nei giorni della crisi israelo-palestinese del 2021 (6-21 maggio), fino al successivo approdo in... Ucraina. «Sono mentalmente forte - sottolinea Dowe -, ma in quelle circostanze mi sono sentito privo di forze, in balia degli eventi».
Durante la pandemia
A confronto, un passaggio giusto o sbagliato fa poca differenza. Così come una tripla a bersaglio o meno. La condizione di Dowe nella pandemia è stata in realtà simile a quella di moltissimi colleghi statunitensi. «Rischiavo di restare intrappolato in Polonia - racconta -. Giocavo nel Wloclawek, allenato dall’attuale coach di Napoli Igor Milicic. Ricevo una chiamata alle 2 di notte da parte di mia madre. Subito dopo mi telefona pure il mio agente. Mi spiegano che Trump ha deciso di chiudere i confini. In pratica, ho 48 ore di tempo per provare a tornare, e comunque pochi minuti per decidere: aspetto notizie ufficiali sullo stop al campionato, o rientro nel mio Paese, dalla mia famiglia? Sveglio un mio compagno di squadra statunitense, cerco di avvertire il club, all’alba raggiungo anche la palestra, ma non c’è nessuno. Scappo senza riuscire a dare un preavviso ufficiale, anche se la prima prenotazione aerea non va a buon fine. Non faccio in tempo a completare la procedura sul sito della compagnia che l’aereo è già sold-out. Ricordo ancora il brivido che mi ha percorso la schiena».
Ritorno
Come centinaia e centinaia di colleghi, l’anno dopo Dowe - all’epoca non ancora trentenne - torna comunque da questa parte dell’oceano Atlantico. La sua nuova destinazione è Haifa, Israele. Il Maccabi (nel ruolo di centro c’è Mike Cobbins, ben noto da queste parti) vive una pessima annata, il cui capolinea si chiama retrocessione. Chris non conserva tanto il ricordo delle sconfitte sul parquet, quanto piuttosto quello della crisi del maggio 2021. Haifa, come altre città, è teatro di sparatorie e roghi. Il 19 la città è target di quattro missili, che però non raggiungono l’abitato. «Alcuni miei compagni sono costretti a rifugiarsi in un bunker- racconta il playmaker -. Ricordo di aver prenotato quattro volte il biglietto aereo per tornare a casa. Altrettante, la prenotazione è stata cancellata. Aeroporto blindato». La crisi rientra momentaneamente, la stagione finisce. «Via di qui, penso». Ma la destinazione successiva è l’Ucraina. «A Kamianske, col Prometej, le cose vanno alla grande. Vinciamo un sacco di partite - racconta l’esterno -. Verso gennaio, però, l’escalation di tensione con la Russia diventa palese. E sono sempre più preoccupato. Chiedo pareri ai miei compagni ucraini. "Non ci pensare", mi rassicurano, "Putin fa sempre così. Poi non succede niente"». E invece... Il proprietario del club trasferisce tutti in Repubblica Ceca. «Ma qui, un giorno, a pranzo, l’allenatore ci annuncia che la stagione è finita».
Nella mente di Chris, ogni ricordo è vivissimo, ma ogni giorno è più lontano. Dopo la Germania (Bamberg) è arrivata l’Italia. Sassari, Tortona e adesso Brescia. «In tutti i sensi, sono felice di essere qui».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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