Balotelli, il sogno di mezzo agosto infranto in meno di un anno
Ci credevano tutti in quel pomeriggio afoso di metà agosto. Massimo Cellino, Mino Raiola, Mario Balotelli, le migliaia di tifosi fuori dall’hotel della presentazione. Doveva essere l’anno della rinascita, a casa sua, dall’azzurro Brescia quello della Nazionale passando da una salvezza all’apparenza più facile che mai. È finita con un addio prima ancora della fine di questo assurdo campionato.
Nei 10 mesi di Balotelli a Brescia c’è tutto: quattro giornate, le prime, saltate per squalifica. Poi il primo gol a Napoli, il 29 settembre, che non porta punti ma regala un sorriso alla figlia Pia. Il secondo gol a Verona, anche quello inutile ai fini del risultato. E a fare notizia sono i cori razzisti che si levano da uno spicchio della curva gialloblù, verso la quale Mario scaglia il pallone fermando la partita.
In panchina arriva Grosso a sostituire Corini e i due si «scornano» non poco, tanto che il 45 non viene convocato per la trasferta all’Olimpico contro la Roma. L’8 dicembre, con Corini nuovamente al timone, un suo gol regala la vittoria a Ferrara, mentre a Parma entra dalla panchina e segna. L’espulsione col Cagliari inizia ad incrinare i rapporti con la società, l’arrivo di Lopez che gli dà la fascia di capitano non provoca la scossa sperata.
Poi il Covid ferma tutto, ma fa precipitare i rapporti tra Balotelli e il Brescia. Perché Cellino non accetta le uscite social di Mario tanto da arrivare a dire «mi mette in imbarazzo». Così la Fase 2 inizia per tutti ma non per i protagonisti: Balo si presenta al campo, per il Brescia non è in forma e lo fa allenare da solo. Inizia una guerra di nervi, tra presenze a Torbole vere e presunte, mentre gli avvocati si mettono al lavoro. Fino all’epilogo di ieri, che è un addio e non un arrivederci.
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