Bajic nuovo idolo: il Brescia si coccola il gigante silenzioso

«Riad» è un nome che significa giardini, prati. Che dire: nomen omen. Visto che al nome Riad risponde Bajic. Il nuovo giardino dei gol del Brescia, il nuovo prato dei sogni targati con la «V». Quei sogni che si sono improvvisamente accesi in una domenica d'agosto che se per i vacanzieri era quella del contro esodo, per la squadra di Inzaghi è stata quella dell'ora di alzarsi in volo. Subito ad alta quota, con l'auspicio di non incappare in vuoti d'aria o almeno di saperli sempre contenere.
Siamo solo all'inizio: e questo è un mantra dal quale farsi accompagnare ripassando la grammatica della serie B. Sul manuale d'istruzioni c'è scritto che l'equilibrio è scritto al primo posto dei comandamenti. Però è difficile rimanere calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno un rumore che sa di festa e mandano coccole a un nuovo indirizzo del gol. C'è già un nuovo idolo in città e questo idolo ha cittadinanza bosniaca. Sul «visto» si è presentato col timbro dei 12 gol firmati ad Ascoli e il «documento» s'è subito arricchito della rete in Coppa Italia (ci sarebbe anche la trasformazione del primo rigore della sequenza poi letale), ma soprattutto della doppietta da tre punti a Terni. Si tratta della sua prima doppietta italiana, ma in realtà questa è una statistica che vale niente visto che l'anno passato era andato direttamente oltre con una tripletta alla Cremonese. Bajic è qui via Udinese che sostiene anche parte del suo stipendio ed è forse, insieme a Tramoni, l'acquisto di cui Massimo Cellino, va più fiero.
Riad uguale giardini, prati. Al plurale: e va bene così perché Bajic è ancor meglio identificato. Visto che è grande, grosso e in campo fa per due: finalizza e difende palla, fa salire la squadra e distribuisce sportellate. Riad uguale giardini, prati: e subito vengono in mente immagini bucoliche, anche dolci. Che un po' fanno a pugni con l'aspetto di un omone grande, grosso e barbuto che un po' incute timore. Ma lo «spaccone» (nel senso che spacca partite e difese) lo fa solo in campo. Fuori è un mite, un riservato e un taciturno che ama «fare passeggiate, guardare film e fare vita di coppia con mia moglie Sanita» aveva raccontato in un'intervista al magazine dell'Ascoli.
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Chi ha conosciuto professionalmente Bajic, che ha due figli, lo racconta come un serissimo e rigoroso professionista che non accetta di essere sempre al meglio e che infatti ha la tendenza a colpevolizzarsi troppo quando gioca male. Ci tiene smisuratamente «perché faccio il lavoro che amo e soprattutto grazie a esso posso aiutare i miei genitori e mia sorella maggiore. Da bambino se non avevi molti soldi a Sarajevo giocavi con il pallone e io ho sempre sognato di fare il calciatore in un top team in Europa». Ci tiene smisuratamente Riad perché sa che la guerra e le battaglie, quelle vere, non sono quelle che si fanno su un campo da gioco: «Sono nato dopo la fine della guerra nell’ex Jugoslavia e nella mia città gli effetti sono ancora visibili specie in periferia dove si vedono ancora fori di proiettili sui muri e i segni delle bombe... Non è un argomento di cui parlo volentieri anche perché è come se attraverso i racconti dei miei genitori è come se la guerra l'avessi vissuta: proprio per questo sono un ragazzo umile e buono che dà valore alle piccole cose». E ai grandi sogni: «Come lo è stato giocare in Nazionale con il mio idolo di quando ero piccolo, Edin Dzeko. Lui e Pjanic mi hanno sempre aiutato». E ora Bajic, amante della semplicità anche in cucina («mi piace la pasta al pomodoro»), è qui per aiutare il Brescia a far fiorire il suo giardino. Il suo Riad.
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