Aziri e quel pugno: «Ho sbagliato, giusto che sia fuori rosa»
Domenica durante Bedizzolese-Calvina, sugli spalti e in campo è successo di tutto un po'. Rissa in tribuna e tensioni in campo, sfociate al 52'st nel pugno sferrato dal portiere locale Nedzbedin Aziri all'attaccante ospite Nicola Andreoli, dopo che per altro il padre dell'atleta di origini macedoni, coinvolto negli scontri sugli spalti era stato condotto in ospedale.
Ora il giovane portiere, scemata l'adrenalina di quegli istanti, non nasconde l'imbarazzo per l'accaduto. E non esita a scusarsi e a incassare la scelta della Bedizzolese di metterlo fuori rosa come una scelta giusta. «Ho solo voglia di staccare da tutto: mi si è chiusa la vena, non ho giustificazioni e bene ha fatto la società a mettermi fuori rosa».
Al centro dell’episodio della domenica, Nedzbedin Aziri non cerca scuse. Ma cosa è successo?
«Nulla che possa spiegare il mio gesto, che ha danneggiato la Bedizzolese dal punto di vista sportivo, perché quel pugno ha portato al rigore del 2-2, e che soprattutto ha infangato il nome del club. Mi spiace per la Bedizzolese, per la Calvina, per il bel match che stavamo giocando. E ovviamente per Andreoli: non ho il suo numero, altrimenti lo avrei chiamato. Spero gli arrivino da qui le mie scuse».
Davvero nessuna provocazione?
«In una mischia al 91’ in area di rigore, con il risultato in bilico, qualche parola può volare. Ma nulla di particolarmente grave, e comunque non sufficiente a giustificare quello che ho fatto. Non sono un calciatore scorretto, purtroppo ho perso la testa: so che ora sono marchiato, ma spero che questi mesi lontano dal campo, senza dubbio sofferti, possano aiutarmi a maturare».
C’è chi ha collegato la rissa in campo con la preoccupazione dovuta alla medicazione subita dal padre di Aziri in tribuna. C’è del vero?
«No, sarei un ipocrita a giustificarmi così: quando sei in campo sei concentrato su quanto avviene sul rettangolo verde. Ho saputo della disavventura di mio padre, ma ora non ricordo nemmeno se sono stato informato prima o dopo quel maledetto pugno».
Qual è il rammarico maggiore?
«Riguarda il messaggio che ho dato: si dice sempre che i vecchi e i calciatori maturi devono dare l’esempio. Ma anche noi giovani non possiamo macchiarci di questi gesti. Peraltro ho colpito un ragazzo che avrà vent’anni come me (Andreoli ne ha 25, ndr): mi sono accorto già la sera stessa della stupidata commessa. E me la prendo solo con me stesso: arbitro e club, con due punizioni diverse, una sportiva e l’altra disciplinare, hanno scelto bene».
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