Arcari, recordman tra musica, libri e casoncelli
Il day after non ha nulla di nuovo. Profuma come al solito di amore per la vita, valori, semplicità. Se ne sta in famiglia, con la moglie Chiara e i figli Anna (2 anni) e Achille (5 mesi), l'uomo del momento, che il calcio italiano ha scoperto di avere in casa, all'improvviso, a 34 anni.
Il giorno dopo essere diventato il migliore nella storia del Brescia e il top quest'anno in Europa, Michele Arcari lo trovi nella sua casa in campagna, nel Cremonese. Una cascina ristrutturata. Con cani, galline, oche e maiali che circolano liberi e belli. Nella taverna teatro di leggendarie cene c'è il biliardo. Qualche colpo di stecca, alternato alle telefonate che provengono da ogni dove. Gli arrivano anche i complimenti di Gianmarco Tognazzi, new entry nelle amicizie di Micky. Di recente il figlio del popolare Ugo l'ha portato a visitare la casa del padre. Tognazzi, un'istituzione per i cremonesi.
Ad Annicco è un bel lunedì d'inizio primavera. Si sta bene all'aperto. La piccola Anna vuole rimanere fuori tutto il giorno. Passeggiata in bicicletta, due spese al mercato di Soresina e la mazzetta dei giornali. Il viso di Michele, orgoglioso come può esserlo solo un metalmeccanico del pallone, è ovunque.
C'è un mondo dietro a quella che sembra una storia come tante. C'è una laurea, ci sono letture di spessore: saccheggiati tutti i lavori di Asimov e Bukowski, Arcari di recente ha riscoperto Stefano Benni, dopo averlo lasciato un po' da parte. Le letture s'intrecciano alla musica. Ascoltando l'album di Vinicio Capossela, «Marinai, profeti e balene», ha sentito il bisogno di rileggere anche Moby Dick. De Andrè però resta in cima alle preferenze, seguito da Vasco, Litfiba e gli Elio e le storie tese. Li ha seguiti dal vivo anche la settimana scorsa, per sconfiggere la tensione di un appuntamento con la storia che non arrivava mai. Il primo concerto del gruppo milanese lo vide proprio a Brescia, quand'ancora non era maggiorenne.
«Avrò assistito ad almeno una decina di concerti degli elii - ha twittato nei giorni scorsi -, ma ogni volta mi diverto come un matto. Mangoni in gran forma». Usa la tecnologia per svelare sentimenti che spesso si fatica a descrivere. «Domenica ho ricevuto il primo striscione della mia vita, grazie, parole stupende che mi riempiono d'orgoglio». Anche tra i suoi compagni, sempre tramite Twitter, Arcari è l'argomento di giornata. Qualche sfottò non guasta... Scrive Zoboli: «Grande Arcari, più forte della colica, anche se oggi l'ho visto un po' verdino...». Sì, ma come l'incredibile Hulk. Nella vita si diventa verdi anche per inventarsi imbattibili.
Nicolas Cordova lo celebra pubblicando la foto che vedete in questa pagina e che ritrae i festeggiamenti post record al rientro nello spogliatoio del Rigamonti. E il cileno rilancia: «Sono veramente felice per Michele Arcari. Lui si merita questo record e altro. Complimenti! Ma ci devi una cena...». Verrà organizzata già questa settimana. Con i piedi sotto il tavolo si stempera meglio la lunga attesa che porta a Gubbio.
Davanti a un tavolo imbandito Michele si trova decisamente a suo agio. Apprezza i cibi tradizionali. Da quando è a Brescia ha scoperto i casoncelli di Longhena e appena può va in un ristorante che li cucina rendendoli morbidi come burro. Il salame cremonese e il cotechino che gli prepara papà Sergio, colui che domenica al Rigamonti si è commosso al momento del record, sono i piatti ai quali il portiere del Brescia non rinuncerebbe mai. Come al suo record e al suo piccolo mondo antico.
Cristiano Tognoli
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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