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Tennistavolo, la ripartenza dal seminterrato per ritrovare la serie A

Punto di riferimento del Coccaglio è Michela Merenda, simbolo di una società che vuole tornare ai fasti di un tempo
Le componenti della squadra - © www.giornaledibrescia.it
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Quando dopo quasi 40 anni ininterrotti nei campionati maggiori di tennistavolo, Coccaglio domenica 1 ottobre è stata costretta a ripartire dalla B - a causa della retrocessione dello scorso anno - e ha trovato il Palasport di casa chiuso: ha dovuto giocare nel seminterrato dove di solito si allena. Solo un caso, l’impianto da tempo era stato destinato a un’altra manifestazione, l’immagine però simboleggia al meglio lo spirito di una società disposta a ricominciare dal basso pur di riconquistare la ribalta di una volta.

Per decenni questo club è stato (e lo è ancora) un simbolo di eccellenza nello sport bresciano con 5 scudetti femminili di tennistavolo (nel 1989 e dal 1992 al 1995) e per essere rimasto competitivo nel tempo senza essere andato mai al di sotto della A2. Anni ruggenti scanditi da sfide indimenticabili, come quella col Castelgoffredo, risoltasi con la finale-3 vinta in casa con centinaia di persone sugli spalti e caroselli di auto nel paese per festeggiare il titolo.

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La campionessa Michela Merenda - © www.giornaledibrescia.it
La campionessa Michela Merenda - © www.giornaledibrescia.it

Ma non tutto di quei tempi è andato perduto perché fra le interpreti di quello straordinario periodo c’è sempre Michela Merenda da quando a soli 11 anni debuttò nel massimo campionato. («Una delle titolari non stava bene - ricorda - e mio papà Pinuccio, presidente del club, mi disse che sarei dovuta andare in Sicilia a Barcellona Pozzo di Gotto prendendo l’aereo e il traghetto. Allora non era usuale per una bambina volare e ricordo che a scuola l’avevo raccontato molto orgogliosa ai compagni di classe»). Col tempo la Merenda, nata e cresciuta a Coccaglio, è diventata una leggenda dello sport italiano, la sola atleta ad aver giocato nel massimo campionato per cinque decenni consecutivi: è riuscita a beffare persino il Covid, giocando in A1 nei primi mesi del 2020 poco prima che la pandemia bloccasse tutto.

Ricominciare

Dopo aver lottato in carriera contro le migliori specialiste del mondo sia nelle coppe europee sia con la maglia della nazionale, all’età di 47 anni Michela si è rimessa in gioco in B - dove non aveva mai giocato - contro avversarie molto più giovani di lei. E, nel primo concentramento disputato a Coccaglio le ha battute tutte. «Gli anni passano, la passione è rimasta la stessa - spiega - anche se non posso allenarmi con l’intensità di un tempo». La Merenda ha provato anche l’esperienza di arbitrare alcuni incontri della giornata, perché a questi livelli i club si autogestiscono senza - tra l’altro - che la cosa provochi discussioni.

E poi andava in panchina a incitare la squadra e a dare consigli. A un certo punto si è trovata accanto Giulia, 9 anni e Lisa, 6 anni, le deliziose figliole della compagna di squadra Anna Bozena Prokop, 39 anni, un’altra che non ha abbandonato la nave che affondava. Al terzo anno nel club l’atleta di origine polacca ha accettato la sfida di riportare Coccaglio in A2. «Devo molto a questa società che mi accolse quando arrivai in Italia dieci anni fa. Poi ho dovuto rallentare gli impegni dopo la nascita delle mie bambine. Le porto sempre con me - sorride - perché spero di trasmettere loro il mio amore per il tennistavolo». L’epilogo della scorsa stagione le brucia ancora. «Andammo giù per un solo punto: purtroppo fu determinante l’assenza di Michela, per impegni di lavoro, in uno dei concentramenti. La Merenda è la nostra leader, un esempio».

La giovane Amelia Libretti - © www.giornaledibrescia.it
La giovane Amelia Libretti - © www.giornaledibrescia.it

Lo è soprattutto per Amelia Libretti, classe 2008, promettente studentessa di Coccaglio che completa la squadra. Intanto l’anno scorso è finita tra le prime sedici nel campionato nazionale under 15 e ha debuttato in A2. Studia al liceo scientifico di Rovato, si allena tre volte alla settimana e all’esordio in B ha portato a casa due successi su due. «Nel mio paese - spiega - il tennistavolo è molto conosciuto, io l’ho provato per curiosità e non ho più smesso da quando avevo 9 anni». Più o meno la stessa età di Merenda, quando cominciò e papà la metteva su una sedia perché non arrivava al tavolo. Chissà che un giorno Amelia non ne ripercorra le orme.

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