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Scuderia Brescia Corse, la Storia dell'automobilismo rivive in un volume

C’è il racconto dei personaggi, dei dietro le quinte, di chi ha «reso nobile» l’automobilismo sportivo
«Scuderia Brescia Corse 1964-1978»: l'immagine che campeggia sulla copertina del volume edito da Fondazione Negri - © www.giornaledibrescia.it
«Scuderia Brescia Corse 1964-1978»: l'immagine che campeggia sulla copertina del volume edito da Fondazione Negri - © www.giornaledibrescia.it
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«...Un automobile da corsa...è più bello della Vittoria di Samotracia»: 58 anni fa, di questi giorni, ci fu chi la pensò come Filippo Tommmaso Marinetti e la sua ode al (sì, al maschile...) Automobile nel «Manifesto del Futurismo», e creando la Scuderia Brescia Corse diede sostanza al sogno sportivo-automobilistico di una Brescia dei motori che dopo l’amara fine della Mille Miglia necessitava di una rivitalizzante «accelerata».

È l’epopea che viene narrata nelle 221 pagine di «Scuderia Brescia Corse. 1964-1976» di Dino Brunori, elegante libro della bresciana Fondazione Negri che è stato presentato oggi al Museo Mille Miglia (viale Bornata 123). Presenti piloti, meccanici e sostenitori dello storico prestigioso team e ospiti come Arturo Merzario e Lorenzo Boscarelli, presidente dell’Associazione italiana storia dell'automobile.

L’autore

Dino Brunori, ingegnere-architetto bresciano patito d’auto e autore di libri su auto&piloti, in prefazione scrive: «...Al di là di un semplice elenco di risultati ho voluto raccontare i dietro le quinte, il profilo dei personaggi, le avventure e disavventure, gli episodi salienti e quelli marginali, questi ultimi spesso neppure citati: insomma tutto quello che ha fatto di Brescia Corse una delle più importanti scuderie private mai apparse nel panorama dell’automobilismo sportivo». E gli fa lì eco Ugo Gussalli Beretta omaggiando la scuderia di cui fu vicepresidente (e Armi Beretta sponsor dal ’71) oltre ad Alfredo Belponer, primo e unico presidente, vero deus ex-machina di quel mirabile frutto motoristico-sportivo.

Il libro

Scandito in 27 capitoli (più indice, nomi e bibliografia in cui non poteva non figurare il nostro giornale e quel suo vicedirettore esperto d’automobilismo che fu Manuel Vigliani) il saggio – graficamente curato dall’editore Mauro Negri - è ricchissimo di foto dall’Archivio Negri e altre 27 fonti; e ovviamente di ricordi dei protagonisti. È disponibile a 58 euro in Fondazione (via Calatafimi 7) e su www.negri.it.

Il pilota Marsilio Pasotti, per tutti Pam - Foto tratta dal volume «Scuderia Brescia Corse. 1964-1976» di Dino Brunori
Il pilota Marsilio Pasotti, per tutti Pam - Foto tratta dal volume «Scuderia Brescia Corse. 1964-1976» di Dino Brunori

Si apre col ricordo d’un pomeriggio Anni '60 in cui al grido «ci sono le macchine da corsa!» ragazzini scoprono auto&piloti pronti per una gara a Sarezzo. Da lì Brunori ripercorre, con bel mix affabulatorio di fatti ed emozioni, la saga societaria e plurivincente su strada della Brescia Corse. Dall’atto costitutivo il 5 dicembre 1964 nello studio notarile Lazzari-Bollani in viale Venezia, con cui - scartando fonemi anglofoni - si opta per «Scuderia Brescia Corse», nome che diverrà mito con a marchio lo scudetto biancoazzurro e la leonessa rampante (poi sostituita da leone con più grintosa criniera).

Le Mans 1973: l'Alfa Romeo 33 di Pasotti-Zeccoli - Foto tratta dal volume «Scuderia Brescia Corse. 1964-1976» di Dino Brunori
Le Mans 1973: l'Alfa Romeo 33 di Pasotti-Zeccoli - Foto tratta dal volume «Scuderia Brescia Corse. 1964-1976» di Dino Brunori

Si citano vittorie prestigiose in Italia e all’estero, l’avventura sulle piste Usa, sempre coi bolidi che Belponer procura ai piloti. Nè manca il progetto-Panther - una 3 litri ideata «in casa» per il Campionato mondiale Marche - bello e sfortunato, ma stigma della volitività del club e dei suoi uomini. Avvincenti vicende d’auto&persone si susseguono fino al 1976, finale (solo il 20 maggio 1979 però l’atto di scioglimento societario) della «straordinaria avventura che – chiosa Brunori – per 12 anni ha infiammato i cuori di tanti tifosi e ancor oggi conserva nella memoria degli appassionati il ricordo indelebile...».

A margine, l’autore offre capitoletti che – tra immagini, film e canzoni d’epoca – contestualizzano il momento storico: da «My Generation» degli Who nel primo capitolo, a – via via – i Beatles al Vigorelli; «Je t’aime, moi non plus» di Jane Birkin; i cine-manifesti di «Easy Rider» e «Per qualche dollaro in più»; le paparazzate a Brigitte Bardot & Gigi Rizzi; il Cubo di Rubik. Gustosi segnalibro sociologici e di costume di un’idea sportiva bresciana che s’è fatta Storia.

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