Eric Esposito, il «Robin Hood» bresciano tra i migliori arcieri del mondo
I migliori amici possono diventarlo anche coloro che hanno molti più anni di te, come conferma la storia di Eric Esposito, classe 1999, uno dei più forti arcieri del mondo, che deve molto alla dedizione con cui lo hanno seguito sin dai primi anni compagni di viaggio più maturi. Fiorella Bendinelli (oggi alla Valtenesi) è stata la prima a iscrivere Eric a una gara quando erano alla Pro Desenzano,di cui era segretaria.
«Era il 9 ottobre 2010 - dice - e vinse con 454 punti». Lo afferma con sicurezza perché ha conservato sul cellulare tutti i risultati ottenuti da Esposito. «Un ragazzo d’oro - ricorda - attento a imparare da ogni esperienza, anche negativa». E poi Rino De Bortoli (oggi alla Tre Torri di Peschiera) che accompagnava Eric alle gare sin da quando era piccolo e lo fa tuttora. «A volte ci prendono per parenti - sorride - con effetti imbarazzanti. Quando per scherzo ci scambiamo qualche scapaccione, c’è chi lo rimprovera per mancanza di rispetto verso quello che crede sia un familiare».
Al gruppo da qualche anno si è unito Luigi Sorbillo (Vallecamonica) che all’impegno per le gare ha aggiunto la divulgazione dell’arco fra i portatori di handicap. Lo staff che comprende il trentino Fabio Vighesso, da anni fisioterapista, è completato dalla figura fondamentale di Ario Rossi. Ricorda Eric: «Era il classico nonno vigile che accompagnava i bambini usciti dalla scuola.
Una volta mi sentì parlare con entusiasmo del tiro dell’arco, il destino ha voluto che lui sia istruttore di questo sport e da lì è partito di tutto». Ario che abita a Rivoltella, a trecento metri dalla casa di Eric, molto ha contribuito ai successi del ragazzo. «Può capitare che per giorni non ci sentiamo - conferma il suo allievo - ma quando ho bisogno di un consiglio lui è attento e disponibile. Perché c’è sempre stato». E nel mondo del tiro dell’arco, Esposito ha trovato anche l’amore quando ha incrociato gli occhi di Elena, che pratica lo stesso sport.
Grande carriera
La vita può offrirti l’opportunità di incontrare sul tuo cammino le persone giuste, il resto lo devi aggiungere tu. Ed è quello che ha fatto Eric Esposito, orgoglio dello sport bresciano, plurimedagliato nel tiro con l’arco da campagna che, dopo gli exploit a livello giovanile ha saputo subito ripetersi da senior, come sottolinea la recente medaglia d’argento colta a Yankton, negli Stati Uniti, nonostante un complicato trasferimento.
«Abbiamo perso la coincidenza a Denver e siamo arrivati sul posto con un giorno e mezzo di ritardo, giusto in tempo per svolgere le gare. Ecco perché quando in semifinale ho battuto lo svedese Jonsson, leggenda di questo sport, sono scoppiato a piangere per la gioia: non mi aspettavo tanto. E in finale ho perso di soli due punti contro il francese Jackson». L’esperienza gli ha lasciato un ricordo indelebile. «Nel South Dakota sono appassionati di questo sport, tutti sapevano delle gare e quando mi vedevano in strada con la tuta della Nazionale mi fermavano per saperne di più». Da noi non è cosi ed è questo il suo cruccio maggiore.
«Ho chiesto di entrare in un gruppo sportivo militare, ma accolgono solo i praticanti della specialità olimpica». E così Eric - apprezzato tornitore alla Tecnomeccanica di Desenzano - può allenarsi solo di sera dopo il lavoro. E spesso lo fa proprio con Fiorella, Rino e Luigi, che continuano a praticare questo sport. La preparazione può molto, non tutto. «Un tiro non è mai uguale a un altro, è tutta questione di testa- spiega Eric -. Guai perdere la concentrazione, né esaltarsi o deprimersi troppo a seconda dello svolgimento della gara perché basta un attimo per ribaltare la situazione».
Come tanti, Esposito ha affrontato e poi vinto il «target panic», un blocco psicologico che non consente di arrivare al centro del bersaglio perché il corpo si irrigidisce e non riesce più a comandare i movimenti.
«Ne sono uscito un po’ alla volta – ricorda – cominciando a tirare a caso senza propormi obiettivi. La tensione si è dissolta e tutto è tornato come prima». Ora è lui a insegnare agli altri come si esce dal tunnel. «A volte mi chiedono consigli, l’importante è comprendere che si tratta solo di una crisi transitoria».
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